“Resolution”, la prima canzone di questo disco dei Mythic Sunship, si affida, inizialmente, soprattutto al sassofono e conduce gli ascoltatori in una dimensione suadente, eterea ed introspettiva nella quale le sonorità free jazz hanno la meglio e spingono l’ascoltatore ad entrare in sintonia con il mondo circostante. A metà brano iniziano a farsi notare e sentire le chitarre di chiara ispirazione space rock. Gli elementi progressive rock e quelli jazzistici si fondono; i ritmi si fanno più incalzanti; il viaggio che era iniziato in modo sobrio, un passo alla volta, diviene sempre più frenetico. È come se la musica ci spingesse ad andare avanti, a raggiungere la meta che ci eravamo prefissati.
Ed è così che ci ritroviamo proiettati nella dimensione più psichedelica di “Backyard Ritual”, la seconda canzone del disco, che penetra fluida nelle nostre menti, in maniera tale da scandagliarne i segreti celati e le paure primordiali. Le paure che ci impediscono di vivere a pieno le nostre esistenze e di scegliere senza il timore di sbagliare o, ancor peggio, esser giudicati.
“Last Exit” è improvvisa ed accelerata, non ha più nulla di introspettivo. I primi due brani avevano il compito di indagare e riportare in superficie la verità che tenevamo nascosta nel nostro inconscio, ma ora è giunto il momento di esprimerla con forza, senza che nessuno provi a intimidirci o fermarci. Troppa energia era stata accumulata e tenuta prigioniera ed adesso bisogna condividerla con chi ci è sempre rimasto accanto, ma anche con il mondo circostante.
Il disco, nel suo complesso, è avvolto da un alone epico e misterioso e miscela sapientemente sonorità provenienti da mondi differenti: del jazz e dello space rock si è già detto, ma la band danese ama anche intense divagazioni di matrice blues e psychedelic rock tipiche dei gloriosi anni settanta. Un album che resta, nonostante le sue influenze ed i suoi differenti approcci musicali, moderno; esso, inoltre, offre all’ascoltatore la possibilità di perdersi nei propri pensieri più oscuri e di affrontare le notti insonni senza il timore di restare prigioniero dell’ansia.
È una sorta di medicina sonora, senza alcuna controindicazione dannosa alla salute, che termina con le atmosfere cosmiche di “Elevation”, l’ultimo brano del disco. Gli ingredienti sono semplici: un sassofono, le chitarre, una possente linea ritmica basso-batteria che riesce a passare dal doom alle sonorità tribali africane, da un glaciale progressive rock alle calorose cavalcate del rock più desertico ed ipnotico.
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