La stazione di velluto dei Neon (“Same Ritual”) si è manifestata, per una notte, al First Floor di Pomigliano d’Arco. Una caduta, un sogno, uno sguardo furtivo nelle profondità delle nostre anime tormentate, uno spettacolo di sonorità new wave e post punk, che richiamano intensamente le atmosfere cupe e visionarie più affascinanti degli anni Ottanta. Ma le tematiche affrontate, soprattutto in relazione alla società moderna, così vicina al collasso, da non accorgersi di affogare nella sua stessa paura e nella sua stessa follia, fanno dei Neon lo spiraglio di luce nel ventre buio della nostra notte, rendendo il loro show, sia dal punto di vista musicale, che da quello concettuale, estremamente moderno ed attuale.
Un amore viscerale, l’invocazione a ritrovarsi ancora, la necessità di spezzare le pesanti catene della solitudine (“Runnin”), i Neon sono il fuoco che divampa nella notte, un’opportunità da cogliere per liberarsi di tutto ciò che ci appesantisce e ci omologa, constringendoci ad un’esistenza priva di emozioni; è meglio muoversi, è meglio correre, come fa il nostro cuore, perché non possiamo sapere quante possibilità avremo (“Last Chance”). La nostra è una corsa contro il tempo e probabilmente partiamo già sconfitti; il sistema politico e finanziario che governa il pianeta ha già tutto ciò che gli occorre per dividerci e per toglieri ogni libertà: quella di pensare, quella di fuggire altrove e soprattutto quella di amare (“Boxes”). In fondo, la loro strategia è molto semplice: stancarci, toglierci la voglia di sognare ed auspicare un mondo diverso, renderci insensibili (“Information Of Death”), costringerci ad ammazzare la nostra stessa fantasia, farci sprecare ogni energia in una guerra che non potremo vincere mai (“Isolation”).
La salvezza è nell’amore, anche se vecchie ferite possono riaprirsi (“My Blues Is You”), anche se ciò significa fare i conti con le proprie debolezze, con le ombre che vivono dentro noi stessi (“Spiders”). L’elettronica ossessiva della new wave dei Neon si innesta alla perfezione, come ideale colonna sonora, sul crepuscolo del neo-capitalismo, capace di produrre solamente un regime totalitario di delirio e paura; un regime nel quale hanno la meglio i peggiori istinti individualisti, la violenza gratuita, la distruzione sistematica dell’avversario tramite la menzogna delle fake-news. Alla paura per tutto ciò che è diverso, per tutto ciò che non è contestualizzabile, per tutto ciò che è oltre il nostro bel giardino, la società neo-liberista risponde con il rifiuto, l’omologazione, il controllo e la divisione.
Tempi bui a cui la band italiana, chiudendo il cerchio ed il concerto, risponde con l’amore: il nostro futuro è dove ci condurranno i nostri sentimenti ed il suono dei sintetizzatori, solo ritornando umani potremo liberarci di qualsiasi età oscura (“Dark Age”) tenti di sottometterci, condizionarci, limitarci nelle nostre scelte.
(Concerto dei Neon, presso il First Floor di Pomigliano d’Arco, 3 Novembre 2018)
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