La musica di Jessica Moss è essenziale, nel senso che riesce a contenere l’essenza del mondo fisico con cui intende interagire e connettersi. Nulla è accidentale, ma ciascun elemento occupa esattamente il proprio spazio ed il proprio tempo, ad iniziare dai suoni elettronici che sembrano fluttuare nella stanza accogliente che ospita la sua performance live al Godot Art Bistrot di Avellino.
Il suo violino, la sua magica pedaliera, la sua voce, danno vita, nel corso dello spettacolo, a paesaggi diversi: ci sono le ambientazioni più inquietanti e più spoglie, ma contemporaneamente anche quelle più armoniose e pacifiche. La musica di Jessica guarda al bello del mondo che ci circonda, ai suoi colori, al fluire delle stagioni, alla perfezione delle leggi fisiche, ma allo stesso tempo il suo occhio non esita a scrutare nell’oscurità, nel torbido, laddove si agitano le forze negative che bramano distruggere la vita. Davanti ai nostri occhi compaiono foreste incontaminate, cieli tersi, acque limpide, tramonti infuocati, ma si materializzano anche scenari di morte e distruzione: oceani invasi dalle plastiche, periferie che sprofondano nel cemento e nell’abbandono, alterazioni pericolose dell’equilibrio climatico globale, creature troppo fragili per sopportare il peso dell’economia neoliberista predominante nel mondo.
Quando riusciamo a distaccarci da tutto ciò che è superficiale, quando riusciamo a rivendicare la nostra umanità, quando ci lasciamo trasportare dalla musica ed apriamo gli occhi della nostra mente, non possiamo che prendere atto del fatto che l’essere umano non è altro che una minuscola particella nell’Universo e non può assolutamente pretendere di esserne il centro ed ergersi ad essere supremo. Vi sono schemi e strutture che si ripetono, tanto nella mente umana, quanto nelle radici di un albero o nelle stelle più remote della galassia. Noi troviamo questi elementi, i frattali, assolutamente familiari perché esistono e sono parte anche in noi, ma allo stesso tempo ne abbiamo timore, perché sono avvolti nel mistero e non siamo in grado di fornire risposte a tutte le domande. Vi sono verità che ci sono ancora celate; vi sono luoghi sconosciuti, tanto nell’Universo, quanto nel nostro inconscio e vi è un legame indissolubile tra essi; un legame che prescinde sia il tempo, che lo spazio. “Entanglement” non può fornire le risposte che cerchiamo, non può essere questo l’obiettivo di un disco, ma può favorire un approccio diverso, aldilà dei soliti luoghi comuni e degli ordinari affanni quotidiani, con cui guardare il mondo che ci circonda, a partire dai giganteschi corpi celesti che ci sovrastano ed intimoriscono, fino a scendere nella fisica delle particelle più elementari e nelle emozioni celate nelle pieghe delle nostre anime.
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