Quando Little Coyote, ossia Teagan Johnston, ha iniziato a suonare le sue canzoni, lasciando che si diffondessero libere, all’interno del Godot Art Bistrot, abbiamo compreso, immediatamente, che avremmo assistito ad una serata ammaliante ed evocativa. L’artista canadese ha proposto una versione più dolce e riflessiva dei brani dell’album “The Trouble With Teeth”; nel disco, infatti, gli elementi folk e quelli elettronici vengono combinati con maestria e naturalezza, mentre la voce di Teagan si diverte a rincorrere o anticipare sintetizzatore e chitarra. Lo show che ha proposto al Godot, invece, era basato solo sulla sua voce e sulla tastiera; c’era più intimità, i toni erano più morbidi, più lenti e favorivano il viaggio interiore nelle pieghe del nostro inconscio. La location “calda”, le luci ed il freddo frizzante della notte hanno fatto il resto, donando a questo spettacolo un’ambientazione cinematografica.
“Annie’s Dead” è un brano che tratta d’una ragazza che si perde; la musica assume un ruolo salvifico, viene caricata di dolore ed urgenza. Bisogna fare in fretta, non sprecare invano il proprio tempo, la risorsa più preziosa di cui disponiamo; bisogna sfruttare tutto ciò che la vita ci offre, senza perderci dietro inutili recriminazioni ed ostinate prese di posizione, se vogliamo, davvero, salvare quella ragazza, che, in un certo senso, rappresenta anche noi stessi, i nostri sogni, le nostre aspirazioni, ciò che vogliamo essere e ciò che vogliamo ottenere.
Avellino è distante, geograficamente, dal Canada e dalla cittadina di Whitehorse, di cui è possibile respirare le atmosfere nel disco, ma, per il tempo del concerto, queste due località sono divenute contigue e comunicanti: cuori nebbiosi, trasportati dalla musica, potevano correre liberamente lungo il filo sottile e malinconico, struggente ed incantevole, che univa, per una notte, lo Yukon e l’Irpinia. Le persone non sono poi così diverse tra loro; la musica ha il potere di liberarci di tutte le corazze ed i luoghi comuni; di tutte le frasi fatte e la cattiva fede; di tutto ciò che ci viene imposto dai nostri controllori esterni; per mostrarci, a volte anche in maniera cruda e dolorosa, che, come recita il celebre aneddoto attribuito ad Einstein in fuga dalla Germania nazista per esser accolto nel nuovo mondo, l’unica razza che esiste è semplicemente quella umana; il resto son solo sfumature, cori, accordi, assoli, note, echi, ma la musica è sempre e solamente una.
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