L’ultimo album dei King Buffallo, “Longing To Be The Mountain”, è la fusione di distorsioni e divagazioni stoner rock e sonorità acide e psichedeliche ad ampio respiro. Canzoni che, allo stesso tempo, sanno essere sia massicce e muscolari, che morbide e suadenti, nonché capaci di trasportarci nell’ignoto delle nostre stesse menti, dove la realtà quotidiana entra in contatto con le pieghe più oscure ed irrazionali delle nostre coscienze. Questo viaggio si svolge sia all’interno, che all’esterno del nostro corpo; in fondo noi non siamo altro che delle creature fragili ed indifese, dei piccoli ingranaggi nell’immensa complessità di questo universo in continua espansione.
Ed anche la musica del disco sembra volersi espandere, andare oltre quelli che sono i limiti della band americana e cercare nuovi territori in cui accrescere il suo potenziale emotivo e comunicativo. Dal reame desertico dello stoner rock, i King Buffalo si muovono verso i decadenti aggolomerati urbani del grunge, i grandi panorami del metal più progressivo, tenendo lo sguardo sempre rivolto all’amata Luna ed allo spazio profondo, tanto cari al rock acido e psichedelico degli anni settanta. Questi paesaggi diversi rendono molto colorato il disco; inoltre, essi fanno sì che le singole canzoni, indipendentemente dalla loro lunghezza, riescano sempre a mantenere alta l’attenzione degli ascoltatori. I cambi di ritmo, i diversi passaggi sonori, le improvvise accelerazioni, i momenti più pacifici e riflessivi, donano dinamismo al progetto; lo mantengono sempre vivo, anche negli ascolti successivi. Praticamente è come assitere ogni volta ad una nuova jam session; ad ogni ascolto è possibile scoprire nuove stratificazioni sonore: a volte più elettriche, a volte più oniriche, a volte più drammatiche, a volte più delicate. Questa musica, grazie alla sua complessità ed, allo stesso tempo, alla sua capacità d’essere diretta, trova sempre la strada più veloce ed immediata per mettersi in connessione con quelle che sono le emozioni degli ascoltatori, con la loro voglia di scoprire o con quella di trovare un rifugio in cui liberarsi dalle ansie e dagli affanni quotidiani.
Non è mai semplice guardare nelle profondità inesplorate dell’animo umano, il rischio è quello di perdersi e rimanere invischiati per sempre, dando vita ad una musica estremamente torbida, morbosa e pesante e soprattutto fine a sè stessa. Invece i King Buffalo sono riusciti a guardare nel buco nero, senza esserne a loro volta risucchiati, hanno spezzato l’ncantesimo e volto, appena in tempo, il loro sguardo altrove, riuscendo così a produrre un grande album. Ascoltandolo abbiamo la possibilità di avvicinarsi ai limiti del nostro baratro personale, senza esserne fagocitati; la musica, grazie al suo potere salvifico e consolatorio, ci permetterà di volgere, al momento giusto, lo sguardo altrove. Dove? Verso le nostre passioni, i nostri affetti, il nostro bisogno di essere e restare umani.
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