Purtroppo, col passare del tempo, ci accorgiamo di non essere immuni ai rimpianti ed alle mancanze, alle assenze ed alle perdite. Ma, allo stesso tempo, riusciamo ad apprezzare sempre meglio le piccole cose, quelle davvero importanti, liberandole dalla superficialità e dalla omologante brama di possesso dell’epoca attuale. Ed il gusto delle cose più semplici, più dirette, più vere, penetra anche in questo disco, “Of Ghosts & Marvels”, di An Early Bird, al secolo Stefano De Stefano. Noi viviamo realmente in bilico; da un lato dobbiamo fare i conti con tutti i fantasmi che si agitano nel nostro cuore e nella nostra mente, in maniera consapevole o meno e dall’altro possiamo avere, se riusciamo ad essere noi stessi e liberarci dalle catene che il modello neoliberista globalizzato tenta di imporre agli esseri umani, la fortuna di scoprire e riscoprire le piccole immense gioie, le meraviglie che ci permettono di resistere e restare umani, anche in un’epoca così individualista, narcisista ed egocentrica.
I fantasmi sono tutto ciò che resta di quello che abbiamo perso, delle promesse che non siamo riusciti a mantenere, dei sogni che abbiamo dimenticato, delle nostre sconfitte, delle persone a cui siamo stati costretti a dire addio. Resteranno per sempre dentro di noi, ma sta solo a noi, con i nostri comportamenti quotidiani e le nostre scelte, stabilire se esserne prigionieri per sempre o se possiamo utilizzarli per migliorarci, per acquisire maggiore consapevolezza e per ispirarci.
Questo disco è un lavoro intimo, aperto a tutti quelli che sono in grado di aprire gli occhi della loro mente, quelli che oggi preferiamo tenere chiusi pensando che sia meglio fingere di non sentire nulla. Il folk e le armonie di An Early Bird guardano ai cieli grigi, al romanticismo di certe ballate degli Smashing Pumpkins, ai cantautori del passato, tenendo ben presente, però, che il passato – per quanto possa apparirci sempre più dolce e rassicurante dei tempi attuali – è ormai trascorso e non potrà mai più ritornare. Possiamo farne tesoro, come facciamo tesoro delle canzoni e delle parole di Elliott Smith, Tim Buckley o dei Pavement, ma non possiamo vivere accontentandoci di restare accanto ai nostri fantasmi; abbiamo bisogno di costruire relazioni, abbiamo bisogno di conoscere, di sognare, di progettare, di scoprire e di meravigliarci ancora. Certo, ciò potrebbe anche esser fonte di nuovo dolore e nuova sofferenza, ma è l’unica strada possibile per restare vivi e non trasformarci nelle copie identiche, piatte e sbiadite di quello che, un tempo, fu un essere umano.
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