“Cathodnatius” è un viaggio nel mosaico variegato della nostra umanità o meglio della nostra disumanità. Il collettivo italiano, infatti, facendo leva sulle sonorità avvolgenti dei suoi brani, sulla loro intrinseca matrice psichedelica e sulle robuste divagazioni stoner rock, predilige muoversi nel torbido, nelle paludi fangose delle nostre coscienze, cercando di estirpare tutto ciò che ci avvilisce e ci spinge, più o meno consapevolmente, verso il baratro della disonestà e della menzogna.
Certo, i tempi moderni, totalmente basati sulla forma, più che sul contenuto; sull’esteriorità, più che sull’interiorità; sull’apparenza, più che sulla realtà; sulla menzogna, più che sulla verità, non aiutano gli uomini e le donne a districarsi ed emergere da questo labirinto di frustrazione, arrivismo, omologazione e perfezionismo, in cui la società neo-liberista dominante li ha imprigionati sin dai primi anni della loro esistenza. Gli Ananda Mida non hanno paura di fissare l’abisso, il buio e la negatività che vivono e crescono in ciascuno di noi, pur sapendo, a dirla con Nietzsche, che guardare questo abisso implica, purtroppo, che anche l’abisso rivolga il suo sguardo malevolo ed ostile verso di noi.
Come salvarsi, dunque? Una strada è quella della musica e dell’arte in generale, perché la musica ha il potere di risvegliare le energie più positive, ma soprattutto permette alle persone di incontrarsi, di parlarsi, di comunicare, di metter a fattor comune le proprie esperienze ed anche le proprie paure. Il viaggio degli Ananda Mida è un viaggio collettivo sotto il sole cocente e liberatorio dei loro riff desertici. Una musica che ha sia il sapore del passato, del rock più viscerale e passionale degli anni settanta; ma, allo stesso tempo, essa è completamente rivolta al futuro ed immersa nelle difficoltà esistenziali di questo nostro presente, nelle sue contraddizioni, nei tanti piccoli e grandi fascismi che tentano di limitare la libertà delle persone, lasciandole morire in mezzo al mare, lasciandole morire dentro, ogni giorno, e tentando, in tutti i modi possibili, leciti ed illeciti, e con tutte le risorse tecnologiche disponibili, di prevedere e controllare le loro scelte e quindi le loro vite.
Il catodo degli Ananda Mida attira a sé i sentimenti negativi, i passaggi più lenti ed armonici, quelli più intensi e cattivi, il loro groove, si trasformano in un cerimoniale sciamanico, il cui obiettivo è l’estirpazione del Male e la salvezza degli esseri umani, non quella ultraterrena, bensì quella che ci permetta di costruire una società più giusta, di riequilibrare la distribuzione delle ricchezze a livello globale, di liberarci dai falsi miti e dalle stupide credenze pseudo-religiose, di vedere la diversità come una crescita culturale e non come una minaccia sociale. È un percorso ostico e difficile, perché contrario a quello che è l’equilibrio attuale e quindi quelli che sono gli interessi dei potenti, ma è un viaggio che bisogna intraprendere, se non vogliamo finire tutti risucchiati e fagocitati dall’abisso abilmente descritto e suonato dagli Ananda Mida.
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