“Nevermore”, ossia “mai più”, è questa l’unica risposta del Corvo.
A qualsiasi domanda le venga posta, la creatura dà sempre la medesima risposta negativa. Non c’è alcuna possibilità di scampo, né di salvezza e questo continuare a porsi interrogativi, a cui non riusciamo a dare una risposta esaustiva, non farà altro che aumentare la nostra ansia ed il nostro dolore, oltre che immergerci in una profonda ed avvolgente sfiducia verso il futuro.
Chissà se il Corvo esiste davvero o è solo l’ennesima creazione di una mente moribonda che tenta, inconsciamente, di alleviare la propria sfortunata condizione esistenziale, rompendo la solitudine ed il silenzio in cui essa è costretta a vivere.
L’indifferenza e l’insensibilità del Corvo, il suo disprezzo per le vicende ed i sentimenti umani, è preferibile all’abbandono ed all’oblio.
Quelle domande ripetitive rappresentano la volontà dell’autore e di ciascuno di noi, di non dimenticare le persone care ed i momenti vissuti assieme; di tenersi stretti i propri ricordi; di rivivere un passato piacevole che, ormai, è sfuggito e non può più ritornare.
La consapevolezza della perdita e la fievole speranza di poter ricostruire sulle macerie, si intrecciano e ci tolgono il respiro; ci impediscono di muoverci in qualsiasi direzione, come fossero una pesante catena; ci costringono a vivere in uno stato di costante allucinazione e follia.
Solo le parole possono spezzare quella catena e saltando sulle ali del Corvo possono giungere ovunque, incuranti dello spazio percorso e del tempo trascorso.
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