I supereroi, soprattutto quelli dei mondi Marvel e DC Comics, rappresentano una sorta di catalizzatore fantastico dei nostri desideri più intimi. Le loro esistenze sono eccezionali e tutto appare alla loro portata. Certo, se anche noi fossimo forti come Superman o Capitan America, ricchi come Ironman o Batman, affascinanti e belli come Thor o Wonder Woman, probabilmente, le nostre vite ci apparirebbero molto più facili.
Con gli X-Men della Marvel, i supereroi assumono, invece, un aspetto più realistico: i mutanti sono, il più delle volte, confinati ai margini della nostra società, guardati con sospetto e diffidenza: la diversità – come del resto è sempre accaduto – non è considerata un elemento di arricchimento culturale e di confronto, ma diviene un alibi per coprire le proprie colpe, mancanze e difficoltà. È più semplice prendersela con coloro che non sono come noi, soprattutto se fanno parte di una minoranza più svantaggiata e che ci fa comodo sfruttare a nostro piacimento.
“The Umbrella Academy”, la nuova serie di Netflix, tratta dall’omonimo fumetto, mostra come può essere complicata la vita anche per coloro che sono ritenuti “diversi”. La diversità conduce sette bambini, dotati di poteri eccezionali, a divenire degli adulti soli ed emarginati, desiderosi di amare ed essere accettati, ma incapaci di mostrare agli altri la loro umanità e le proprie debolezze. Ognuno, a modo suo, scappa da quella che è la sua triste realtà: chi si rifugia nella droga; chi nelle proprie medicine; chi trova rifugio, addirittura, sulla Luna; chi non riesce ad affrontare il peso di un matrimonio fallito; chi crede di essere Batman, ma non è in grado neppure di salvare il rapporto con la sua ragazza.
Quando cresciamo, il nostro mondo ideale, inizia ad ingrigirsi ed il fanciullo felice di Giacomo Leopardi si ritrova ad essere un uomo incapace di sorridere; il tempo fugge via e ci rendiamo conto di non riuscire a realizzare quelli che erano i nostri sogni. I ragazzi fanno del niente il tutto, diceva il poeta di Recanati, gli adulti riducono il tutto al niente. Da ciò derivano frustrazioni ed impotenza, una rabbia strisciante che ci impedisce di apprezzare quel che, invece, abbiamo; quelle piccole cose che rendono le nostre vite meritevoli d’essere vissute, senza il bisogno di saper volare, piegare il metallo secondo le proprie volontà o attraversare, a proprio piacimento, le dimensioni dello spazio-tempo. Il nostro stare bene passa attraverso quella che è l’accettazione dei nostri limiti e dei nostri difetti; una volta che ci rendiamo conto che non siamo e non saremo mai dei supereroi, ci sarà più semplice e più naturale relazionarci col mondo esterno e col nostro prossimo.
Gli ex-ragazzini fantastici della “Umbrella Academy” si trasformano in creature alienate che, dopo anni di insuccessi, riescono ad incontrarsi solo dopo un evento tragico: la morte del padre miliardario che li aveva adottati; un uomo verso il quale essi nutrono profondo rispetto, ma allo stesso tempo un’enorme rabbia, ritenendolo responsabile di ciò che sono diventati: delle creature aride ed incapaci di aprire il proprio cuore agli altri e mostrarsi per ciò che sono davvero. La famiglia, infatti, rappresenta il primo piccolo mondo con cui abbiamo a che fare e nel quale, oltre a sentirsi apprezzati ed amati, è necessario soprattutto potersi confrontare e poter esprimere liberamente quelle che sono le proprie idee e le proprie necessità.
La colonna sonora della serie è sorprendente; ci sono, ovviamente, brani assai noti, ma anche tutta una serie di piccole gemme capaci di innestarsi, alla perfezione, sulla trama: sia nei momenti più divertenti, che in quelli più drammatici ed inoltre queste canzoni hanno la capacità di far uscire fuori e mostrarci tutta la follia e la stupidità umana che si nascondono nelle scene di violenza e di distruzione.
Il nostro mondo non è così solido come crediamo; l’Apocalisse può essere davvero dietro l’angolo; è sufficiente una scelta sbagliata ed una miccia – che avevamo ritenuto essere sempre inoffensiva e trascurabile – può portare all’esplosione di una bomba devastante e distruggere così tutto quello che abbiamo creato e che credevamo fosse la risposta a tutti i nostri problemi. “The Umbrella Academy”, anche grazie alle canzoni della soundtrack, ci spinge a riflettere su una questione fondamentale: alcuni eventi sono davvero inevitabili oppure la nostra forza di volontà, il nostro impegno e soprattutto la disponibilità a sacrificarsi per gli altri, possono evitare ciò che vogliono farci credere sia destinato necessariamente, in un modo o nell’altro, ad accadere? È possibile ritrovarsi dopo la tempesta e ricostruire quei legami affettivi ed umani che si erano spezzati?
Morcheeba ed i Radiohead; Tiffany ed i Kinks; They Might Be Giants e Noel Gallagher; Adam Ant ed i Queen; Nina Simone e gli Yardbirds; la settima sinfonia di Beethoven ed i Doors; Karen Dalton e dj Roc; Rod Stewart, Tom Swoon e Mary J. Blige – che tra l’altro recita nelle vesti di una killer temporale – senza alcun dubbio una delle migliori colonne sonore degli ultimi anni ed un’ottima playlist per i propri momenti di buio.
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