Forse il punk rock potrebbe, davvero, salvare questo mondo che sembra ormai avviato verso un inesorabile e patetico declino. Non ha più cuore, l’ha perso da tempo, ma negli ultimi tempi sembra non aver più neppure un minimo di ragione ed amor proprio. Quella che, in fondo, è la nostra stessa condizione; il nostro unico cruccio è l’urgenza; la fretta di poter possedere, al più presto, cose inutili che con altrettanta frettolosità dimenticheremo e butteremo via; e così abbiamo affidato, completamente, il controllo totale delle nostre scelte ad un Sistema globale, politico e economico, che pensiamo scelga il meglio per noi, ma che, invece, non fa altro che ucciderci, ogni giorno sempre di più.
Per vincere il Caos che domina nel mondo, forse dovremmo iniziare a fare i conti con quello che è dentro di noi, quello che mette a soqquadro i nostri sentimenti, che rovina i nostri ricordi e che avvelena i nostri sogni, le nostre speranze e la nostra umanità. Chi non si piega viene messo ai margini, guardato come un alieno e trattato, di conseguenza, come un pazzo. Se le cose stanno così, forse, potrebbe sembrare meglio rinunciare alla loro patente di “sanità mentale” e rifugiarsi in ciò che ci fa sentire vivi, compreso il dolore, compresa la sofferenza, comprese quelle canzoni che ci piacciono tanto; in fondo, cosa sono le nostre stesse esistenze, se non brevi melodie? Non sarebbe preferibile suonarle nel miglior modo possibile?
Intanto, facendo leva su queste nostre debolezze, i paranoici che sono al governo, tanto in America, quanto nel resto delle nazioni del mondo, sfornano ad arte i nostri nuovi nemici, rafforzano le mitologie popolari, fiaccano i nostri cervelli, incutono sospetti nei nostri cuori, che si trasformano nei nuovi campi di battaglia dove possono combattere e giustificare le loro sporche guerre. Uno spettacolo che, purtroppo, la Storia ci ha sempre riservato: quello di fabbricare l’odio verso qualcuno da poter incolpare per nascondere i nostri grandi fallimenti e motivare la nostra rabbia, ma che ora pare sia diventato del tutto normale e condivisibile, pur di poter vivere tranquilli ed assuefatti nelle proprie illusioni mediatiche.
Questo è il diciassettimo album della band americana, un album incentrato sul Caos, sia quello imperante nel mondo, che quello che intorbidisce ed abbruttisce le nostre coscienze. I Bad Religion si affidano, come sempre, alla velocità di suoni e parole; un punk rock politico che si scaglia, senza mezze frasi, senza maschere e senza sorrisini di circostanza, contro i nazionalismi che oggi dettano legge nel mondo: dagli Stati Uniti alla Turchia; dalla Russia al Brasile; dalla Brexit alla chiusura dei porti; dalle vecchie alle nuove cortine di ferro e cemento che stanno spuntando ovunque. Intanto le continue innovazione tecnologiche ci fanno credere di poter avere a nostra disposizione una quantità di informazioni sempre maggiore e di conseguenza una libertà di scelta sempre più ampia, ma è solo una ipocrita menzogna, una bugia a cui, spesso, ci piace poter credere. Le arti, soprattutto quelle a più elevato impatto e coinvolgimento sociale, come la musica, possono mostrare quella che è, invece, la triste realtà ed il punk-rock, in tal senso, può essere una delle espressioni musicali più forti e dirette per far arrivare a tutti il messaggio: la retorica fascista è ritornata; i ragazzi non stanno affatto bene; la musica deve avere un preciso orientamento politico ed impegnarsi per mostrare tutta la merda che, quotidianamente, tentiamo di nascondere sotto i tappeti delle nostre belle villette con giardino, credendo che sia sufficiente voltarsi dall’altro e perdersi nello schermo luminoso del proprio smartphone di ultima generazione per considerarsi assolti, ma, invece, siamo tutti, inevitabilmente, coinvolti, come cantavano De Andrè ed i manifestanti che nel Maggio del ’68, a Parigi, fecero sentire il loro dissenso e la loro voglia di cambiare in meglio i destini del mondo.
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