Questo Sistema non è stato costruito per noi e di conseguenza non può occuparsi delle nostre necessità – non lo ha mai fatto in passato e non lo farà in futuro. Gli Anti-Flag non hanno mai nascosto il proprio obiettivo: lanciare messaggi politici attraverso una miscela di punk, ska ed hardcore, con il cuore rivolto ai Ramones e la ragione proiettata sulle dinamiche economiche e sociali tanto care ai Clash.
Una serie di anthem, veloci e di facile presa, capaci di trasformarsi in veri e propri slogan di protesta , nei quali la band americana espone la propria visione del mondo e le sue critiche verso le ristrette élite sovranazionali che si spartiscono le ricchezze di questo pianeta, lasciando agli altri le briciole e costringendoli a vivere – spesso sopravvivere – in un contesto nel quale chi ha meno diviene il nemico, il mostro che vuol portarci via la casa, il lavoro o l’auto che stiamo pagando a rate. Ed in effetti è proprio così che ci preferiscono: con lo sguardo perennemente basso, concentrati su coloro che stanno peggio, piuttosto che sulle banche, sui fondi di investimento, sulle multinazionali e le tante lobby di potere che difendono questo Sistema, influenzando, più o meno spudoratamente, le politiche perseguite dalle varie nazioni. Come? Mettendo gli stessi politici al proprio servizio, garantendo privilegi agli uni e non agli altri, influenzando le masse grazie a mass media compiacenti o, nel caso più estremo, decidendo di esportare le proprie “regole democratiche” con un intervento militare diretto.
Siamo carne da macello, questa è l’unica verità e “A New Kind Of Army” non esita a puntare il dito contro i nostri leader politici; quante volte ci hanno detto che la ragione fosse unicamente dalla nostra parte? Quante volte la storia si è macchiata del sangue degli innocenti? Non possono più esserci né eccezioni, né compromessi, la bandiera è al rovescio non perché bisogna essere contro l’America, ma perché l’America stessa ha abdicato i principi di giustizia, libertà ed uguaglianza che avrebbe dovuto sostenere e difendere. Siamo troppo intelligenti per combattere, uccidere e morire nei loro eserciti, dovremmo costruirne uno nuovo, uno nostro, uno che possa opporsi – semplicemente con la forza dei numeri – a qualsiasi nazionalismo. Sembra quasi che gli Anti-Flag vogliano deasseamblare e riassemblare a modo loro, in chiave punk/ska, “Imagine” e trasformarla in un veloce ed aggressivo brano oi! con tanto di cori e frasi ad effetto.
In questo album lo sguardo non è volto solo al mondo, ma anche all’America delle province e delle periferie abbandonate a sé stesse, luoghi in cui le tensioni etniche sono sempre più forti, dove l’emarginazione, la povertà, le difficoltà a sbarcare onestamente il lunario diventano la norma. È qui che nascono i loro inni, tra le pieghe di quest’America più oscura di cui nessuno ha la voglia di occuparsi; un mare di merda che si trasforma in brani rabbiosi e carichi di veleno, tra droga ed utilizzo indiscriminato delle armi, sangue e colesterolo, razzismo e violenza, dove il vincitore è solo uno: lo sfrenato consumismo che ha trasformato una nazione in una grande azienda, il cui scopo non è certo quello di dare risposte alle persone comuni e più disagiate, ma quello di creare profitto “for the pimps and governments’ their whores”, ovvero per i papponi e le puttane governative. Parole che avremmo potuto ascoltare dai Dead Kennedys o dai Rage Against The Machine e che conducono gli Anti-Flag ad essere citati, nel panorama a stelle e strisce, tra le band militanti ed antagoniste.
I ragazzi non hanno alcuna paura nel fissare il Male negli occhi e fare nomi e cognomi, come nel caso di Jhonny Gammage, un nero finito in un bel quartiere di bianchi che la sfortuna di imbattersi nei loro cani da guardia in divisa blu. Quante volte abbiamo sentito queste storie? E non c’è bisogno di andare oltre oceano, basterebbe citare Riccardo Rasman, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e le tante altre persone vittime dello stesso Stato che avrebbe dovuto difenderle e tutelarle.
“Take Back Your Rights”, le ultime parole di “Police Story”, non vi ricordano le più celebri “Know Your Rights” di Joe Strummer e compagni? Può passare tempo, ma i metodi restano sempre identici; non importa dove vi troviate – a Gaza, Brixton, nella scuola Diaz di Genova o a Brentwood, Pennsylvania – se vi troveranno, vi cacceranno via l’anima a forza di botte, finché non riusciremo a far fronte comune per difendere i nostri diritti, “all three of them”, come avrebbero cantato i Clash.
“A New Kind Of Army” restò, comunque, un album di nicchia, l’ultimo di una triade che permise alla band di passare alla Fat Wreck Chords di Fat Mike (NOFX) ed accelerare quel lavoro di maggior coinvolgimento e sensibilizzazione sociale che li avrebbe portati, nel 2005, ad una major (la RCA), fatto che gli procurò non poche critiche e malumori; anche se Justin Sane, in verità, ha sempre dichiarato che il loro accordo non prevedesse censure e gli garantisse pieno controllo sulle scelte artistiche e concettuali. Ma questa è un’altra storia e forse, prima o poi, ve la racconteremo.
Pubblicazione: 25 maggio 1999
Durata: 43:53
Dischi: 1
Tracce: 15
Genere: Punk Rock
Etichetta: Go-Kart Records, A-F Records
Produttore: Anti-Flag, Joe West
Registrazione: febbraio 1998 – gennaio 1999
1. Tearing Everyone Down – 2:56
2. Captain Anarchy – 2:34
3. A New Kind of Army – 3:42
4. That’s Youth – 3:14
5. No Apology – 2:17
6. Got the Numbers – 3:14
7. No Difference – 4:03
8. I Don’t Believe – 2:29
9. Right On – 1:23
10. What You Don’t Know – 2:43
11. Free Nation? – 2:44
12. Outbreak – 0:53
13. Police Story – 3:37
14. The Consumer’s Song – 2:11
15. This Is NOT a Crass Song – 6:00
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