Metallo e fuoco, suoni muscolari e massicci, che non temono assolutamente di scandagliare i mondi ombrosi che esistono in ciascuno di noi. Il disco prende man, mano corpo, passando dalle atmosfere più rarefatte a quelle più ardenti e pesanti che assumono la forma di glaciali dita metalliche e scandagliano, inquiete, la nostra mente, spingendola a varcare la soglia delle sue primordiali paure e delle sue irrazionali follie. Anche la voce subisce, contemporaneamente, la medesima evoluzione, passando dalle armonie e melodie più pulite alle urla più dirompenti e rabbiose.
I Lord Dying si muovono, con agio e precisione, tra le sonorità metal, tra le loro sfumature più oscure e luminose, alterando con sapienza parti più lente e più veloci, più morbide e più ruvide, senza disdegnare l’assimilazione nel loro sound di atmosfere e passaggi fortemente psichedelici, progressive ed evocativi. Ciò riesce a dare a quello che è, senza alcun dubbio, un eccezionale album metallico, un’aurea più audace e sperimentale, che rende l’intero lavoro molto accattivante ed in grado di attirare ascoltatori che non provengono, necessariamente, solo dalle oscure lande dell’heavy metal. Il terzo disco della band di Portland, dunque, è un opera finalmente matura e trasversale, capace di uscire dai ristretti spazi in cui – spesso – finiscono per richiudersi le band doom o heavy, e donare vitalità, imprevedibilità e poesia ad un genere che, a volte, in maniera troppo superficiale e scontata, viene considerato finito.
Dal punto di vista tematico “Mysterium Tremendum” volge il suo sguardo ai misteri della vita; a ciò che trascende la nostra stessa esistenza ed alla sua fine. Temi che scrittori, musicisti e poeti hanno affrontato innumerevoli volte in passato nelle loro opere, ma i Lord Dying lo fanno con semplicità e con una musica eccellente, intensa e vibrante, che riesce ad evocare negli ascoltatori paesaggi epici, a partire sin dalla prima traccia del disco, la dolce e magmatica “Envy The End”. La band non disdegna assolutamente inserire, via, via che il viaggio prosegue, elementi rock-blues, folk e noir; ciò fornisce spessore e drammaticità alla storia e permette alle nostre coscienze di interagire con i concetti assoluti dello Spazio e del Tempo, mentre la dolcezza del suono si trasforma, in maniera progressiva, in un vero e proprio muro di chitarre, nell’attesa che, alla fine, giunga il suo momento, quello della signora vestita completamente di nero.
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