I Doors condussero il rock oltre i suoi naturali confini espressivi, gli donarono uno spessore poetico e letterario. “Quando le porte della percezione sono spalancate le cose appaiono come veramente sono, infinite“.
BREAK ON THROUGH (TO THE OTHER SIDE)
1967, da “The Doors”
Ho scelto “Break On Through” come brano iniziale per questa ideale playlist perché è una sorta di “manifesto poetico” della band di Jim Morrison, nonché una esplicita esortazione ad oltrepassare il varco delle nostre percezioni materiali e materialiste ed incamminarci sul sentiero idealizzato da William Blake. L’esistenza umana è, spesso, basata sulle contrapposizioni: cerchiamo qualcosa, semplicemente perché dobbiamo fuggire da qualcos’altro. Lo stesso amore può essere ingannevole; può diventare la catena a cui ci aggrappiamo forte, per non dover affrontare le nostre stesse paure: la notte che incombe sul giorno, l’altro lato della nostra anima inquieta.
GHOST SONG
1978, da “An American Prayer”
I fantasmi sono tutt’intorno a noi: nei versi che permettono ad Atlantide di riemergere dalle profondità degli abissi; nelle invocazioni al Grande Spirito; lungo una striscia d’asfalto bagnata dal sangue di queste innocenti creature; in tutto ciò che è espressione della nostra arte e della nostra magia.
L.A. WOMAN
1971, da “L.A. Woman”
È l’addio a Los Angeles, una canzone che – aldilà dei riferimenti più provocatori – esprime la necessità di cambiare forma, cambiare vita e liberarsi del proprio ingombrante personaggio dalle cui ceneri sorgerà, finalmente, una nuova creatura: Mr Mojo Risin’.
LIGHT MY FIRE
1967, da “The Doors”
“Girl, we couldn’t get much higher”, la frase incriminata che tanto fece arrabbiare Bob Precht dell’Ed Sullivan Show, uno dei programmi più seguiti d’America, il quale avrebbe voluto che Jim cambiasse quell’irriverente, euforico, tossico e sfacciato “higher”, con un più rassicurante, piatto e familiare “better”. Ma, aldilà della volontà della band ad opporsi a qualsiasi tentativo di censura, questo brano è un inno all’amore più primordiale e passionale, senza le restrizioni, le sovrastrutture ed i vincoli creati ed imposti dalla nostra società perbenista e borghese. Come in tutti i brani dei Doors la linea della narrazione è duplice: è amore, ma è anche morte; è Eros, ma è anche Thanatos.
PEOPLE ARE STRANGE
1967, da “Strange Days”
Un testo nel quale i Doors mettono, in un certo senso, in guardia il mondo intero: la diversità può generare paura; la paura può generare diffidenza; la diffidenza può generare alienazione e solitudine. Un testo che pare adattarsi alla perfezione ai nostri tempi, nei quali, nonostante l’apparente connessione globale, le persone – se non riescono ad uniformarsi alle medesime regole sociali ed ai medesimi costumi – si ritrovano ad essere, inevitabilmente, sole ed emarginate.
RIDERS ON THE STORM
1971, da “L.A. Woman”
C’è una parte negativa in ciascuno di noi, chiunque potrebbe trasformarsi in un mostro, nell’autostoppista assassino che compare spesso nei testi di Jim Morrison; bisogna stare in guardia, quindi, affrontare la tempesta, consapevoli di quello che è il nostro passato, di ciò che siamo e di ciò che potremmo diventare.
WAITING FOR THE SUN
1970, da “Morrison Hotel”
Dove c’è l’oscurità, proprio perché ogni cosa è duale, c’è anche la luce. Le ombre minacciose di quei cavalieri che procedevano incuranti della pioggia, sono state soppiantate da una calorosa alba primaverile di speranza; il Sole è tornato, non ci resta che goderne e viverne quanto più possiamo.
L’AMERICA
1971, da “L.A. Woman”
Nel vasto repertorio morrisoniano non è facile trovare una canzone così intrisa di realismo e con una così chiara ed esplicita missione sociale; i Doors volgono, infatti, il loro sguardo ai ghetti, in particolare a quelli portoricani, nei quali l’America ha tradito il proprio straordinario sogno. Non è più terra promessa – se mai lo sia davvero stata – ma è un luogo dove fare buoni affari – a scapito dell’ingenuità e dell’innocenza delle persone – e vendere per vera qualsiasi menzogna, persino quelle raccontate da un mago della pioggia.
WHEN THE MUSIC’S OVER
1967, da “Strange Days”
La serie di immagini metaforiche che Jim Morrison dipinge, con maestria, sulla tela sonora dei Doors, è rabbia viscerale e primitiva che sfuma pian piano nell’urlo cosmico di una farfalla; una creatura, allo stesso tempo, estremamente fragile ed infinitamente complessa, che rappresenta la preghiera più intima e profonda intonata dall’uomo moderno in favore di questo nostro pianeta lacerato e sventrato; un pianeta che pare sull’orlo del precipizio, destinato a soccombere a causa della nostra stessa follia. Un inno alla pace, al rifiuto della violenza come soluzione finale per risolvere i contrasti, ma anche l’invito – decenni prima che ciò fosse riconosciuto a livello politico e sociale – a rispettare la propria casa: la Terra che ci nutre e ci ospita.
THE END
1967, da “The Doors”
Ricca di riferimenti letterari, sui quali domina l’“Edipo Re” di Sofocle, questa canzone esprime tutta una serie di emozioni e stati d’animo che si scatenano, violenti ed improvvisi, nel nostro intimo, quando ci rendiamo conto che qualcosa sta irrimediabilmente cambiando, per sempre, nelle nostre vite. Addio, abbandono, passaggio, non rappresentano la morte, ma vengono utilizzati, invece, con un significato diametralmente opposto: essi rappresentano il rigetto – anche se ciò è doloroso e sofferto – di tutte quelle sovrastrutture rassicuranti, familiari e tradizionali, per dedicarsi, con tutta la propria forza, a ciò che è vita, in primis l’arte e la musica. “The End” è l’esortazione a salire sul carro di Dioniso, decorato da ghirlande di fiori e tirato dai suoi animali sacri Tigre e Pantera, e sollevare per sempre quel velo di finzione che ci impedisce di guardare il mondo per quello che è veramente. Dioniso non è un dio, è un uomo divinizzato e costretto, per punizione, ad esser nomade eterno per le strade del mondo.
Comments are closed.