La mistica psichedelica americana non può prescindere da un pilastro fondamentale che è, appunto, rappresentato da “Aoxomomoxoa” dei Grateful Dead, giunto oggi, 20 Giugno 2019, a celebrare il suo 50° anniversario. È un album che riesce a connettere la musica sperimentale e futurista degli anni Sessanta, il sole acido della California, con i suoni più classici e con quelli legati alla tradizione a stelle e strisce; la band utilizza, nel disco, anche strumenti non propriamente rock quali, ad esempio, il clavicembalo.
La band californiana riteneva che la sua vera forma espressiva ed artistica non fossero i dischi, per loro stessa natura statici, bensì le esibizioni dal vivo in cui potevano dare vita alle loro lunghe ed intense improvvisazioni lisergiche. Esse rappresentavano, per i musicisti in primis, nonché ovviamente per il pubblico presente, l’unica via di fuga per elevarsi al di sopra della asfissiante normalità, il ristretto Sistema di principi e valori, nel quale la borghesia americana pretendeva che essi dovessero vivere, andando a limitare non solo la loro libertà artistica, ma soprattutto quella esistenziale. Dunque, i Grateful Dead non erano una convenzionale band rock, chiusa nella triplice dimensione studio/disco/tour; tutte le loro canzoni esistono in diverse forme – alcune incise sui dischi ed altre no – ciascuna versione è una delle svariate facce di uno stesso diamante, il cui cuore, però, resta sempre lo stesso: esprimersi liberamente, sia nell’arte, quanto nella vita, seguire i propri sogni, evadere dagli schemi costruiti ed imposti dalla società e non divenire schiavo di bisogni artificiali, che non sono veri, ma sono semplicemente un modo per tenerci buoni, sottomessi ed incatenati. Si tratta di un vero e proprio inganno basato sul denaro. Sin dai primi anni di scuola, infatti, ci abituano a vivere e pensare in armonia con un sistema perverso in cui è indispensabile avere lavoro, indebitarsi con una banca, acquistare una casa e riempirla di oggetti materiali di cui, naturalmente, non avremmo alcun bisogno.
La stessa copertina del disco, con la presenza in basso della Morte e quella di un uovo-Sole nella parte superiore e con i suoi evidenti richiami alla mitologia egizia, può essere interpretata come una metafora dell’eterno ciclo di fine e rinascita che pervade l’intero Universo. Un ciclo di buio e luce, estate ed inverno, bene e male, che prescinde il denaro, la tecnologia, il potere, qualsiasi regola o legge di provenienza umana, e che anima il Creato. Questo ciclo rappresenta l’unica vera legge che ciascuno di noi dovrebbe rispettare e fare propria per sentirsi felice e finalmente realizzato. Noi dobbiamo aspirare a divenire un tutt’uno con l’Universo stesso e qualsiasi cosa ci consenta di raggiungere questo nostro scopo è buona ed auspicabile, compreso l’utilizzo di LSD e delle anche sostanze psichedeliche.
“Aoxomomoxoa”, nonostante l’approccio sperimentale della band, guarda anche ai classici del passato: “St.Stepehen” strizza l’occhio al gospel rock; “Dupree’s Diamond” guarda addirittura alle ambientazioni degli anni Venti del Novecento; “Rosemary” è una serenata acida, mentre “Mountains Of The Moon” parte dalle sonorità tradizionali del country americano per ritrovarsi nel bel mezzo di un ipnotico e surreale paesaggio lunare. Essa rappresenta, assieme a “What’s Become Of The Baby”, il soffio spaziale dell’anima inquieta e visionaria di Jerry Garcia e compagni, una canzone che prendendo spunto dalle melodiche sonorità orientali del Tibet finisce per vagare tra le stelle, nelle profondità più oscure dell’Universo.
Questo disco è un manifesto dell’acid rock americano ed assieme al claustrofobico album successivo, “Live/Dead”, sempre del 1969, dà un’idea sia del tecnicismo, delle straordinarie conoscenze e della preparazione dei Grateful Dead, musicisti capaci di reinterpretare e rivitalizzare, in chiave assolutamente sperimentale, acida ed originale, le lezioni del passato; sia della loro naturale predisposizione all’improvvisazione, alla creazione di estenuanti e deliranti jam, in grado di esaltare le loro emozioni intime, comprese quelle più oscure e sofferte. Ciascun brano del loro repertorio, dal vivo, cambia forma, si estende all’infinito; concentra in sé l’energia del pubblico ed assume nuova vita, proprio come simboleggiano la Morte ed il Sole ritratti sulla copertina di “Aoxomomoxoa”; proprio come il palindromo che da, appunto, nome all’album, una parola – apparentemente priva di senso compiuto – che, invece, è estremamente dinamica e potrebbe piegarsi a diverse ed interessanti speculazioni; essa, comunque, rimane sempre fortemente legata al concetto di ciclicità delle cose; una ciclicità in cui l’Uomo, con tutte le sue passioni, le sue fobie ed i suoi sentimenti, non è altro che una minuscola e limitata faccia del diamante, destinata a passare ed, allo stesso tempo, a rivivere all’infinito, perché lo stesso infinito che permea l’Universo, permea tutte le creature che ne fanno parte: dalle immense galassie ai più piccoli esseri viventi che vivono su questo nostro trascurabile pianeta verde-azzurro.
Pubblicazione: 20 giugno 1969
Durata: 38:07
Dischi: 1
Tracce: 13
Genere: Psychedelic Rock
Etichetta: Warner Bros.
Produttore: Grateful Dead
Registrazione: settembre 1968 – marzo 1969
1. St. Stephen – 4:26
2. Dupree’s Diamond Blues – 3:32
3. Rosemary – 1:58
4. Doin’ That Rag – 4:41
5. Mountains of The Moon – 4:02
6. China Cat Sunflower- 3:40
7. What’s Become of the Baby – 8:12
8. Cosmic Charlie – 5:29
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