“Anima”, il nuovo album di Thom Yorke, esce assieme ad un omonimo cortometraggio visibile su Netflix in cui Thom si trova in un treno, una metropolitana, assieme ad altri passeggeri vestiti esattamente come lui, una sorta di tuta che li rende anonimi ed omologati, una massa di esseri umani che si muove all’unisono dando l’impressione di non avere il controllo delle proprie scelte e delle proprie azioni. È il nostro prossimo futuro?
Evidenti i riferimenti ai romanzi di Orwell: la difficoltà di poter esprimere i propri sentimenti, la paura che si trasforma in qualcosa di reale e tangibile. Tutto ciò, ovviamente, si connette alla musica del nuovo album, rivolta sia al nostro inconscio, che alle turbolenze sociali del nostro mondo. Thom non si fida della tecnologia, soprattutto perché se ne fa un utilizzo distorto; tramite la tecnologia, le così dette élite dominanti vogliono narcotizzarci e renderci apatici ed insensibili, oltre che, ovviamente, annullare il nostro spirito critico e renderci incapaci di stabilire cosa sia vero e cosa sia falso. Vogliono vederci sottomessi ed allineati, con le nostre belle tutine tutte uguali, in un mondo di alberi di plastica e poliziotti androidi, allo stesso tempo vittime e carnefici dei nostri simili e tutti imprigionati nello stesso incubo. Siamo dei sonnambuli, è questo il concetto, ed è quello che ci trasmettono queste canzoni. Elettronica cupa, fibrillazioni cardiache, synth irrequieti e famelici, loop nevrotici, batteria e basso proiettati direttamente sulla nostra corteccia celebrale. “Anima” è anche una riuscita sintesi di ciò che ci ha portato qui, oggi: il consumismo alienante e l’isolamento feroce di “OK Computer” non sono più delle premonizioni, ma ormai sono divenuti reali; l’inquietudine di “Suspiria”, le atmosfere rarefatte di “In The Rainbows”, le sperimentazioni tanto care ai Portishead o ai Massive Attack, continuano a vivere in questo lavoro, contribuendo alle visioni futuriste e distopiche che Thom Yorke tenta di evocare nella nostra mente. Il disco suona come una sorta di ninna nanna per un mondo che è giunto così lontano da non poter più tornare indietro e salvarsi, ma è solo un incubo ad occhi aperti per tenerci buoni e sottomessi o è la verità? Thom ci lascia con questo atroce dubbio, in bilico tra la consapevolezza di esser stati noi stessi a prediligere un utilizzo massivo e deformante della tecnologia e la speranza di spezzare queste catene artificiali e riappropriarci del pieno controllo delle nostre vite.
Cosa succederà domani? Recupereremo tutto quello che abbiamo perduto per strada?
Ed intanto quell’annuncio della metropolitana continua a risuonarci nell’anima: “che cosa è successo ai tuoi sogni?”
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