In un’epoca in cui tutto deve essere immediatamente disponibile, voracemente consumato e altrettanto rapidamente gettato via, gli 86 minuti di “Fear Inoculum” appaiono come qualcosa di irrazionale ed inutilmente estenuante.
Questo disco è stato concepito come un vero e proprio rito di purificazione; la comprensione non può essere né facile, né immediata, né libera da rinunce; per passare dall’altro lato è necessario guadagnarsi ogni singolo centimetro. La tana del Bianconiglio non è mai stata un passaggio semplice e scontato, richiede di liberarsi da ciò che ci impedisce di cogliere la vera essenza del mondo che ci circonda, ad iniziare dal Tempo, dai 13 anni che sono trascorsi dal precedente “10000 Days”. Crediamo che il Tempo sia di nostra proprietà, pensiamo di poterne fare ciò che vogliamo, ma in realtà non è così: non ci è mai appartenuto, né mai lo farà.
La band americana compie un passo in avanti dal punto di vista della pesantezza dei suoni, le trame musicali appaiono più dense di accordi ed assoli di chitarra, mentre la batteria assume un ruolo centrale, intrecciandosi con i synth e dando vita alle complesse dinamiche di base ed alle atmosfere cupe, oniriche
ed ancestrali che risuonano tra le diverse canzoni.
È come se i Pink Floyd si fondessero ai Meshuggah, come se i King Crimson fagocitassero David Bowie, ma poi ti rendi conto che è qualcos’altro, qualcosa di alieno che riesce a trasportare e proiettare il nostro stato d’animo nella musica.
Sta tutta qui la bellezza di questo disco: armonizzare qualcosa di estremamente dinamico, come i propri sentimenti ed il proprio stato d’animo, con un lavoro ormai completato, definito e registrato; ma i limiti fisici del Tempo e dello Spazio vengono oltrepassati dai diversi strati sonori che si nascondono nei brani e che è impossibile scoprire con un unico, semplice ascolto. Questo, probabilmente, è il motivo per cui lo stesso Keenan ha deciso di mantenere in quest’album un approccio meno rabbioso rispetto al passato, invitando gli ascoltatori a fregarsene del tempo, perché il Tempo non si cura affatto di noi, di ciò che amiamo, desideriamo, conquistiamo, perdiamo o disprezziamo. E quando impareremo davvero a non contarlo più, a non scegliere più in base ad esso, a provarci ancora quando tutti dicono che è troppo tardi o ad iniziare qualcosa quando tutti pensano sia troppo presto, solo allora potremo essere veramente felici. Perché, in fondo, come recitano i versi di “Pneuma”, noi non siamo altro che respiri, soffi di parole destinati a bruciare velocemente.
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