SOBER
1993, da “Undertow”
La dipendenza da ciò che fa emergere il nostro lato recondito, quella che trasforma emozioni ed esperienze personali in rappresentazioni artistiche del nostro stesso Universo, è qualcosa che ci completa e sostiene, ma allo stesso tempo ci incatena e ci mastica avidamente per poi sputarci via, quando non abbiamo più forze, né fisiche, né mentali e non riusciamo più a trasformare la nostra voce interiore in arte.
PUSHIT
1996, da “Aenima”
I cicli delle stagioni prevedono la nascita e poi la morte, perché solo attraverso la fine può esserci il nuovo inizio. Un infinito alternarsi di fasi di luce e di buio che pervade tanto il mondo che ci circonda, quanto noi stessi, e che ci costringe ad afferrare e poi gettare via, a cercarci e poi allontanarci. Non abbiamo bisogno di altro, tutto ciò che costruiscono gli Uomini, con le loro idee, le loro congetture, le loro credenze è inutile e fa parte del medesimo ciclo di buio e luce, come l’Essere ed il Non Essere, come la Verità e la Menzogna.
SCHISM
2001, da “Lateralus”
Come si fa a rimettere a posto le cose? Come si va a risanare una frattura, a far tornare a combaciare quei frammenti che la violenza dello Spazio e l’inevitabilità del Tempo hanno trasformato in qualcos’altro? In cose che, spesso, sono corrosive ed infamanti? Forse questo principio disgregativo è insito in ciascuno di noi, una volta che riusciamo a soddisfare i nostri bisogni di potere, distruggiamo il tempio che avevamo faticosamente e meticolosamente costruito. Se fosse davvero così, allora non potremmo mai avere accesso alla salvezza… io, però, so che i frammenti possono combaciare… “I know the pieces fit”.
PARABOLA
2001, da “Lateralus”
I Tool tornano sul tema della ciclicità delle cose, sull’essenza duplice dell’Universo in cui siamo ospitati. La nenia distorta e traumatizzante di “Parabol” è l’altra faccia della energica e vitale “Parabola”. Cadiamo, perché poi successivamente il nostro dovere è quello di rialzarci, di permettere al nostro ciclo di compiersi, di giungere al culmine della sua parabola e consentire a quest’anima ed al corpo che la ospita di esprimere tutte le loro potenzialità.
PRISON SEX
1993, da “Undertow”
Il dolore è un cerchio sul quale il martire e l’agnello si tengono perennemente per mano, si cercano e si cambiano continuamente di ruolo. La sofferenza è una porta sull’abisso, oltrepassata la quale non possiamo più tornare indietro, perdiamo ogni traccia d’umanità e ci trasformiamo negli stessi mostri che disprezzavamo e da cui tentavamo, invano, di fuggire. Ma non esiste alcuna salvezza, non per come abbiamo costruito questo mondo: i suoi ingranaggi funzionano solo grazie alla paura ed alla violenza, che iniettiamo senza sosta nel suo motore, sotto forma di sangue e merda, di sperma e lacrime.
STINKFIST
1996, da “Aenima”
Ancora il dolore, le ferite che si aprono nella carne e nella mente, provocate da tutto ciò che invade i nostri spazi più intimi, da tutto ciò che penetra nei nostri sogni, avvelenandoli e facendoli appassire. Ed una volta che non avremo più alcun sogno, che la nostra intimità sarà violata, diventeremo degli automi insensibili, incapaci a provare e trasmettere emozioni.
VICARIOUS
2006, da “10,000 Days”
L’ultimo (al momento) album dei Tool è quello più carico di tensione sociale, quello che più di tutti affonda le sue unghie nella nostra società, cercando di strappare il velo di falsità, ipocrisia ed opportunismo dietro il quale si svolgono le nostre comode esistenze. Un velo che fa un utilizzo sistematico dei mass media e delle loro bugie per diventare sempre più spesso e più pesante, così da renderci perfettamente ciechi ed insensibili, privandoci del nostro spirito critico e della capacità di valutare ciò che avviene attorno.
THE POT
2006, da “10,000 Days”
Brano graffiante, denso ed esplosivo, in cui la band americana rivendica il proprio ed il nostro spazio di libertà e di manovra, soprattutto nei confronti dei tanti giudizi non richiesti, in cui oggi annaspiamo e naufraghiamo. La domanda è semplice e viene ripetuta più volte: chi sei per giudicare?
LATERALUS
2001, da “Lateralus”
I Tool individuano nella matematica il mezzo attraverso il quale l’Uomo può elevarsi, comprendere quelle che sono le invisibili leggi dell’Universo e percepirne davvero la sua grandiosità e la sua bellezza. Spesso non siamo in grado di comprendere ciò che abbiamo avanti gli occhi, ci lasciamo trasportare dalle futilità quotidiane e perdiamo di vista l’essenza delle realtà. La materia tende a trattenerci, a farci vivere un unico aspetto dell’esistenza; solo la nostra mente può mostrarci tutte le infinite possibilità che scorrono davanti ai nostri occhi, come gli elementi infiniti di una serie matematica.
ROSETTA STONED
2006, da “10,000 Days”
Questa canzone l’ho piazzata appositamente alla fine della TOP 10 perché i Tool sono, in realtà, di un altro pianeta, sono degli Alieni, il cui obiettivo è quello di condurci oltre i limiti di quello che è il nostro piccolo spazio vitale, i nostri luoghi comuni, le nostre frasi fatte e le nostre comodità. Tutto ciò che è oltre, spesso, ci fa paura, ci destabilizza, ci sembra irrazionale ed impossibile da accettare. Più semplice chiudere gli occhi, far finta di non sentire nulla, finché, un bel giorno, non incontri i Tool e ti ritrovi a combattere con la tua stessa mente, con le sue ossessioni nascoste, le sue finte certezze, le sue torbide macchinazioni.
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