“The Nothing” è il viaggio musicale dei Korn e quello personale di Jonathan Davis nell’assenza, nel suo amaro sapore, nell’abbandono, in tutto ciò che ci sembra ormai inutile ed irrisolto. Accettare il vuoto, rapportarsi con la memoria ed il ricordo di qualcuno che è stato parte attiva delle nostre vite, è un’esperienza dolorosa e difficile da compiere. Ciò che ne deriva è il lavoro più cupo e catartico che abbiano mai realizzato i Korn, ma che, allo stesso tempo, è anche profondamente vero, genuino ed onesto. Non c’è nulla di precostituito o pensato a tavolino, ogni emozione è pura e contribuisce a caricare di passione e sentimento la musica.
Il vuoto è qualcosa di implacabile, non conosce la stanchezza, se ne frega del tempo e dello spazio, riempie di sconforto ed angoscia il nostro presente, rendendoci incapaci di comunicare, di rapportarci con chi ci è vicino e cerca di tenderci inutilmente la mano. Da ciò nasce un album catartico, denso e massiccio, il cui brano iniziale, “The End Begins”, con le sue funeste cornamuse, ci mette immediatamente dinanzi al baratro che è apparso nelle nostre anime, mentre quell’unica domanda, “Why did you leave?”, rimbomba solitaria e dannata nello spazio che tu hai lasciato vuoto. Un vuoto che la musica tenta di colmare esorcizzando la negatività tramite i passaggi gravi e potenti, nei quali i Korn diventano duri e selvaggi, ma anche liricamente ispirati ed emotivamente trascinanti. Tutta questa oscurità, infatti, riesce a metter assieme le persone, a creare sintonia, a renderle partecipi del medesimo viaggio, per quanto esso sia ostico e faticoso.
“The Nothing”, ispirato dalla perdita della moglie di Jonathan, Deven, è un cammino di redenzione, tra chitarre lancinanti e sonorità industriali; un disco che andrebbe ascoltato con le luci spente, da soli, perché è nel buio profondo di ciascuno di noi che vive il Nulla. “The Darkness is Revealing” è intensa e disperata, un grido verso un Dio sordo ed insensibile al quale si rivolge l’uomo che ha fallito, lo stesso uomo che in “Idiosyncracy” è messo dinanzi all’accettazione finale della perdita e che nell’ultimo brano dell’album, “Surrender To Failure”, trasforma la rassegnazione della resa in uno slancio verso gli altri, ad iniziare da quelli che ci sono più vicini: figli, amici, genitori, compagni e compagne. I Korn si immedesimano nei propri ascoltatori; siamo tutti uguali dinanzi alla fine di qualcosa di così importante e quelli che restano non possono fare altro che stringersi assieme e trasformare il proprio dolore e la propria delusione in qualcosa di costruttivo da poter condividere col mondo intero.
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