Se non fosse stato pubblicato questo disco, probabilmente, in pochi avrebbero saputo che Abbey Road è la strada di Londra in cui hanno sede i celebri studi di registrazione della EMI.
Una strada, con tanto di strisce per l’attraversamento dei pedoni che, col tempo, si è trasformata in una vera e propria icona della cultura pop. Uno “zebra crossing” entrato nell’immaginario collettivo e capace di attraversare, nei decenni, le mode ed i linguaggi artistici più svariati e differenti. Tutti hanno voluto attraversare quelle mitiche strisce bianche: dalla famiglia Simpson ai droidi di Star Wars, mentre il sornione Maggiolino bianco sullo sfondo avvalorava, grazie alla targa “28 IF”, la controversa teoria secondo cui Paul McCartney sarebbe morto, infatti se egli fosse stato in vita, nel momento in cui veniva scattata la foto, avrebbe dovuto avere esattamente 28 anni. Perché, altrimenti, è l’unico dei quattro ad essere scalzo?
“Abbey Road”, sebbene sia il penultimo disco dei Beatles, può essere ritenuto il loro ultimo lavoro; l’ultimo ad essere registrato in quello storico studio assieme a George Martin. “Let It Be”, infatti, uscirà nel ’70 con la band già sciolta e sarà per lo più basato su registrazioni eseguite cronologicamente prima di quelle di “Abbey Road”.
Quest’ultimo è un lavoro accattivante e di ottima presa sul pubblico; a volte è stato giudicato troppo leggero, mellifluo e superficiale, l’epitaffio di una band ormai stanca e con poco mordente che non riusciva più a trasmettere chissà quali messaggi profondi e significativi. Forse è vero, forse è proprio perché è così disimpegnato il motivo per cui “Abbey Road” è il disco dei Beatles che si è conservato meglio nelle stagioni e che riesce, ancora oggi, ad avere grande effetto e fascino sul pubblico. L’album contiene, comunque, alcuni brani straordinari: “Here Comes The Sun” e “Something” di George Harrison su tutti, oltre che “Come Together” di John Lennon. Nei versi di “Something” c’è il respiro più profondo ed emozionante dell’anima di George Harrison, tutto il suo amore, tutto ciò per cui val la pena vivere e soffrire. La vita, in fondo, non può essere una strada solitaria, abbiamo bisogno di condividerla con qualcuno che ricambi il nostro amore, perché, come recitano i versi della breve “The End” di John Lennon – “And in the end / The love you take / Is equal to the love you make” – un concetto semplice e diretto in cui la band inglese esprime la sua visione dell’universo e dell’esistenza in cui, alla fine, è l’amore l’unica forza in grado di smuovere e rendere felici le persone.
“Abbey Road” riesce ad essere migliore della somma delle sue parti; la gran parte delle sue canzoni, infatti, sono normali, ma la vera bellezza sta tutta nell’ascoltarle assieme, nel seguire i medley proposti, nel farsi trasportare dalla musica: è un’esperienza appagante e completa perché questo è l’album più omogeneo e coeso dei Beatles. Questo è il vero motivo del suo successo, “Abbey Road” rappresenta un nuovo modo per ideare, costruire e realizzare un album; un modo di concepire e strutturare un disco che influenzerà, profondamente, le produzioni a venire e che chiude, con leggerezza ed un velo di nostalgia, gli anni Sessanta e l’epoca più primordiale e per certi versi innocente del rock, proiettandoci nei suoni più complessi, viscerali, passionali degli anni Settanta.
Pubblicazione: 26 settembre 1969
Durata: 47:25
Dischi: 1
Tracce: 17
Genere: Pop Rock
Etichetta: EMI, Apple Records
Produttore: George Martin
Registrazione: aprile– agosto 1969
1. Come Together – 4:20
2. Something – 3:03
3. Maxwell’s Silver Hammer – 3:27
4. Oh! Darling – 3:26
5. Octopus’s Garden- 2:51
6. I Want You (She’s So Heavy) – 7:47
7. Here Comes The Sun – 3:05
8. Because – 2:45
9. You Never Give Me Your Money – 4:02
10. Sun King – 2:26
11. Mean Mr. Mustard – 1:06
12. Polythene Pam – 1:12
13. She Came In Through The Bathroom Window – 1:57
14. Golden Slumbers – 1:31
15. Carry That Weight – 1:36
16. The End – 2:19
17. Her Majesty – 0:23
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