Vent’anni, otto album incisivi e viscerali, più un EP di sei brani del loro repertorio, svestiti della abituala potenza e della solita carica dirompente e proposti in chiave “quasi” acustica. E ciò non è affatto una brutta cosa perché gli Ufommamut riescono a sorprendere anche quando si sintonizzano su sonorità più ambient e suadenti in cui le parti vocali assumano la forma di sussurri introspettivi e visionari, mentre il lato più psichedelico della band italiana prende la meglio su quello stoner e doom metal.
Questa copiosa raccolta ci da l’opportunità di celebrare la storia di questa band, capace sia di essere coerente negli anni, sia di evolvere artisticamente mantenendo sempre vivo ed intenso il legame con i propri fan e contemporaneamente riuscendo a conquistarne di nuovi. L’EP al corredo è un miscuglio di luce e buio; la serenità del cosmo che si intreccia con le inquietudini personali di ciascuno di noi, mentre i sintetizzatori e le chitarre diradano la foschia e ci mostrano la strada da percorrere. Da un lato ci sono le ambientazioni spaziali dei Pink Floyd e dall’altro lo scorrere lento ed inesorabile del prog metallico degli Opeth, mentre la strada procede verso il futuro. “Infernatural” lo ha profetizzato, ci sono stati momenti dolorosi di cieli scarlatti e nuvole cariche di sangue, ma adesso quel dolore è stato, finalmente, esorcizzato; ci ha migliorato; ci ha reso più forti ed è giunto il momento di andare avanti. Basta nascondersi.
L’elettricità e le distorsioni hanno lasciato il posto a quelle sfumature che prima erano celate in profondità, sotto i densi strati sonori di metallo incandescente. “Lacrimosa” lascia le nostre menti in un turbinio continuo di emozioni che riscrivono il nostro stesso mondo con quelle tonalità rosse, nere e bianche da sempre care ad Urlo, Poia e Vita, offrendo nuove prospettive e nuove visuali, alterando quello che è il flusso ordinario delle nostre giornate, così come la musica degli Ufomammut si adegua a queste nuove ed inattese geometrie temporali e spaziali. Il cielo, in fondo, non è così buio; l’Universo non è poi così sconosciuto; è possibile spingersi in profondità senza perdersi per sempre, basta rimanere sé stessi, non rinunciare al proprio passato e non svendere l’oro che ci scorre nelle vene.
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