“Love’s like that, you know”, una parte di speranza ed una di dolore, il rimorso per aver perso delle persone importanti, la gioia di trovarne altre; è questo l’amore e tu lo sai. Soprattutto quando il tempo trascorso ti permette di narrare le tue storie, tra sonorità ambient e ballate psichedeliche, pianoforti, archi, sintetizzatori ed il violino di Warren Ellis.
“Skeleton Tree” ha rappresentato il dolore assoluto, il peggio che potesse accadere ad un essere umano; “Ghosteen Tree” è su tutto quello che viene e può venire dopo ed anche su quello che riusciamo a sentire qui con noi, senza doverlo necessariamente stringere, toccare o tenere per mano: “there’s nothing wrong with loving something you can’t hold in your hand”. L’assenza, dunque, non è uno spazio vuoto, è l’esatto contrario: è piena di immagini, di voci, di suoni, di momenti, di essenze molto più veritiere e reali dello stesso mondo che ci circonda.
È impossibile trovare una sola casa nella quale non abbiano, almeno una volta, avuto a che fare con la perdita, di conseguenza quando soffriamo non
dobbiamo chiuderci in noi stessi, ma dobbiamo cercare il conforto degli altri perché, se facciamo così, ci renderemo conto che ciò che può distruggerci per sempre si può trasformare in una indomita fonte di ispirazione creativa. L’energia del trauma da vita alle rappresentazioni fantastiche di “Ghosteen”, a navi che volano attorno al sole, a cavalli con la criniera infuocata, a fiabe surreali, ad orsi che vanno in barca sulla luna e ad un eterno ciclo di morte e rinascita a cui neppure le stelle del cielo possono sottrarsi.
L’elemento fiabesco e mitologico è potente; lo stesso Cave ha dichiarato d’esser affascinato dalla storia di Pinocchio, soprattutto dalle pagine in cui il vecchio falegname resta intrappolato nel ventre d’una enorme balena, in balia di un mare in tempesta, e riesce a non lasciarsi andare solo grazie all’amore che lo lega e lo spinge verso il burattino di legno. “Ghosteen” non è un album sugli spettri, non ci sono fantasmi, ma si tratta di un lavoro pervaso da una forte e concreta spiritualità, qualcosa di tangibile nelle scelte ed azioni quotidiane, che permette ai fotoni emessi da una stella morente di dare vita a qualcosa di nuovo e bello, che sia in grado di portare gioia laddove c’è sofferenza, anche se si tratta di semplici canzoni. Nick Cave celebra l’aspetto salvifico della musica, la sua capacità di fornire stimoli e di mostrarci ciò che possiamo ancora fare per rendere le nostre vite migliori.
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