“Spirit Counsel” è ideologicamente e fisicamente suddiviso in tre parti nelle quali, a differenza dell’album precedente, Thurston Moore da maggior enfasi al suo lato sperimentale ed avanguardista, lasciando in secondo piano quello più propriamente indie-rock. Una divisione in tre parti che non è solo spaziale, ma anche temporale.
“Alice Moki Jane” rappresenta il presente; è l’omaggio che Thurston fa a tre donne ed alla loro capacità di rapportarsi, tramite la propria arte, alla vera essenza dell’Universo che ci circonda e pervade. Alice Coltrane, Moki Cherry e Jayne Cortez rappresentano l’impegno musicale, civile e poetico; esse rappresentano la forza costruttiva che si oppone al disordine ed al caos verso cui tenderebbe l’essere umano. L’essenza delle cose, infatti, è immersa in una foschia che noi stessi costruiamo ed alimentiamo e che ci impedisce di vivere a pieno le nostre piccole esistenze; “Alice Moki Jane”, con le sue sonorità più eteree, le sue melodie ipnotiche, le sue divagazioni elettroniche e le sue improvvise esplosioni strumentali, ha il compito di portare in superficie ciò che è nascosto sul fondo oscuro e limaccioso delle nostre coscienze. In un certo senso questo primo disco ha una forte connotazione sociale e politica: il suo obiettivo è abbattere le barriere ed i confini esistenti, permettendoci di aprirci al mondo esterno e di conoscerlo senza farsi influenzare da paure irrazionali ed immotivate.
Più intimo e introverso è il secondo disco, “8 Spring Street”, che deve il nome all’ex indirizzo di Glenn Branca, compositore e chitarrista d’avanguardia le cui intuizioni sono state fondamentali per i Sonic Youth. Questo lungo brano rappresenta la dimensione passata; esso è intriso dei sapori e dei profumi di una Manhattan che non esiste più. È come fissare una vecchia foto e respirare l’atmosfera fumosa e carica di tensione di un appartamento di SoHo; rivivere le serate trascorse tentando di trasformare rumori apparentemente disordinati e caotici in un’opera d’arte unica, in sonorità taglienti e distorte che fossero in grado di scavare un solco profondo nelle nostre anime.
L’ultimo disco, “Galaxies”, è lo sguardo volto verso il futuro, una vera e propria poesia astrale suonata da una ensemble di ben dodici chitarristi e dominata da sonorità ambient, trance e psichedeliche. Un brano orchestrale che esplora, attraverso le dodici corde, i misteri del cosmo e che idealmente, mediante i riferimenti alle opere, ai versi ed alla filosofia di Sun Ra, si riallaccia al disco iniziale, al suo jazz elettronico, alle atmosfere rarefatte ed oniriche , a quell’energia che scorre attraverso tutto l’Universo e che oltrepassa le limitate percezioni ed incomprensioni umane.
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