Se amate le atmosfere eteree degli anni Ottanta, ma, allo stesso tempo, siete affascinati dagli arrangiamenti elettronici e da atmosfere in bilico tra shoegaze, sintetizzatori, suoni filtrati, darkwave e post-rock, il disco con cui debuttano i Lunaires, “If All The Ice Melted”, deve assolutamente entrare nel vostro bagaglio culturale e musicale.
Siamo esseri passeggeri; spesso crediamo, erroneamente, di poter controllare il nostro destino, ma alla natura basta semplicemente un attimo per mostrarci quanto siano ingenue ed assurde queste nostre convinzioni. L’abbandono, la perdita, la solitudine sono stati d’animo ed esperienze da cui nessuno può fuggire e che nessuno può pensare di dominare. Dare, quindi, loro una corposità ed un senso musicale è, allo stesso tempo, un atto sofferto, ma anche liberatorio.
Sofferto perché ci costringe a rivivere sensazioni dolorose, rendendole permanenti ed imprimendole negli otto brani dell’album; esse, in pratica, vengono scorrelate dai loro limiti e legami spaziali e temporali, trasformandosi in sentimenti che non sono più soggettivi e personali, ma che diventano universali. Liberatorio perché le sonorità gotiche e dream-pop, le influenze new wave, la fluidità dei synth, consentono di esorcizzare il Male che ci rende schiavi ed indebolisce, sia mentalmente, che fisicamente, permettendoci di assaporare quanto di buono la nostra esistenza può offrirci. Ciò si traduce in un flusso di oscurità e luce, di passato e futuro, di dentro e fuori, di terreno e lunare, di conosciuto e misterioso, di finito ed eterno; avvertiamo la dolcezza ed il calore delle melodie di Danilo Carnevale e della voce di Patrizia Tranchina, ma anche il gelido tocco dell’inverno che mette a fine a fasi importanti del nostro percorso umano. Spesso, però, è proprio quest’inverno buio ed apparentemente vuoto a consentire a nuove vite di germogliare, a nuove strade di aprirsi all’orizzonte, a nuove scelte di concretizzarsi, senza dimenticare ciò da cui siamo partiti, quello che abbiamo perduto e tutto quello che troviamo, ogni giorno, nelle cose, apparentemente piccole, che costituiscono il nostro mondo.
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