Dieci anni di Stoned Jesus meritano una celebrazione adeguata. La band ucraina di Igor Sydorenko ha deciso di mostrare le origini del proprio viaggio sonoro ed umano, pubblicando, in formato rimasterizzato, le prime demo incise. Dieci anni sono fatti di tante cose: cose che si trovano quando meno te l’aspetti e cose che, purtroppo, si perdono. A volte queste perdite sono definitive e prendono la forma di ferite che non si rimargineranno mai, che faranno parte del nostro bagaglio personale, influenzando scelte e parole, pensieri e stati d’animo negli anni a venire. Fortunatamente questi sentimenti ci accomunano, ci fanno superare quelle assurde barriere e quelle diffidenze che, sempre più frequentemente, soprattutto in quest’epoca così divisiva, costruiamo tra noi. Senza renderci conto, in fondo, che il dolore che proviamo è lo stesso; la stanchezza che accumuliamo è la medesima; la paura che ci impoverisce pure. Il tempo, col suo cumulo di vecchi ricordi, ci è d’aiuto; ci permette di tenere traccia di ciò che siamo; di coloro che ci hanno preceduto, senza mai dimenticarci da dove siamo partiti e quali erano le passioni ed i sogni che ci hanno messo in cammino.
Dietro le tinte fosche, i temi macabri, il basso pesante, i riff grintosi e taglienti, gli antichi miti e le tormentate creature della notte, c’è la voglia di costruire, di tirare fuori il meglio di sé, di conoscere il mondo, di creare legami, di vivere con ciò che si ama. La musica, anche quando si rivolge al nostro lato più oscuro, introverso e primordiale, è uno strumento formidabile nel connettersi agli altri, nel recepire – soprattutto durante gli spettacoli dal vivo – le loro reazioni emotive. Nonostante la nostra sia l’epoca della comunicazione totale, ciò che più ci manca e abbruttisce è la capacità di saper comunicare con le persone, di essere capaci di parlare e soprattutto di ascoltare.
Questi primi brani mostrano già un eclettico miscuglio di sonorità diverse: stoner e folk rock, epiche e psichedeliche, doom e metalliche, in cui è chiara la vicinanza di Igor a band come i Black Sabbath, gli Electric Wizard, gli Sleep, i Neurosis o i Pink Floyd. Il fatto di avere dei punti di partenza, dei riferimenti – anche apparentemente lontani e diversi da quello che sarà poi il proprio stile musicale – non è affatto un aspetto limitante e negativo, soprattutto se il tutto rientra in un percorso di crescita atto ad esaltare e far emergere le proprie peculiarità ed individualità. “From Outer Space”, oltre ad essere un richiamo alle origini, al non dimenticare mai da dove siamo partiti, è anche un nuovo punto di partenza perché tutti noi facciamo, continuamente, i conti con noi stessi, con ciò che abbiamo ottenuto, con le nuove fasi delle nostre vite, con i nuovi traguardi e le nuove sfide che si prospettano all’orizzonte.
Comments are closed.