Finalmente o peccato che sia finita? Entrambe le cose.
Peccato, perché quando una saga come Star Wars giunge al termine ti rendi conto del tempo trascorso ed i ricordi, spesso, anche quelli più piacevoli ci rendono più fragili e malinconici. Ma sono convinto che Star Wars resterà, per sempre, un luogo al di fuori della nostra quotidianità, oltre gli anni che passano ed i ristretti limiti fisici delle nostre affannose esistenze. Un luogo dal quale possiamo lasciare fuori tutto quello che ci fa soffrire, ci stanca e ci delude. Si tratta di un’evasione non solo cinematografica, ma anche umana, che ci permette di recuperare le forze, di ricaricarci, di riconquistare il gusto di quelle piccole cose che ci fanno sorridere.
Finalmente, perché non amo particolarmente il taglio che la Disney ha deciso di dare a quest’ultima trilogia. Quest’ultima pellicola è, senza dubbio, la migliore delle ultime tre; anche se, purtroppo, l’elemento fantastico ha preso ormai il sopravvento totale su quello fantascientifico. Non siamo più davanti ad una saga epica e mitologica, che affonda le sue radici nella saga tolkeniana, ma più propriamente davanti ad un teen-drama in cui giovani supereroi si struggono e dannano per ritrovare sé stessi, le proprie origini dimenticate, la capacità di distinguere il Bene ed il Male e salvare così il proprio mondo.
Restano, ovviamente, le immagini favolose, i grandiosi duelli con le spade laser, le battaglie spaziali, le ambientazioni accurate dei vari pianeti su cui si svolgono le scene; J.J. Abrams è un grande regista, ma ha lasciato fuori dalle vicende narrate qualsiasi traccia della filosofia esistenziale Jedi. L’Universo è uno sfondo ammaliante e nulla più; non è più pervaso dalla amorevole e vitale spiritualità della Forza, nelle cui pieghe più profonde ed inesplorate si nasconde, purtroppo, quel seme famelico e contagioso da cui prendono vita la brama di possesso ed il desiderio di violenza dei Sith, dando origine a quell’eterno combattersi, a quell’infinito cercarsi e respingersi, che attraversa continuamente le galassie, i mondi, le stelle, i buchi neri, le coscienze ed ogni creatura vivente.
L’unico personaggio che mostra, effettivamente, il proprio dramma interiore, in cui è davvero in atto lo scontro con il lato oscuro della forza è Kylo Ren, rinnegato e patricida, l’unico che ha il coraggio di sottoporre ad un vero e proprio processo interiore i propri sentimenti e le proprie scelte passate; un processo che, alla fine, lo condurrà, nel momento decisivo, a compiere quell’unica azione che può significare salvezza o dannazione, vittoria o sconfitta, vita o morte, luce o buio.
Gli altri, compresa Rey, restano per lo più figure bidimensionali, certamente funzionali alla storia, ma incapaci di emergere rispetto al contesto in cui sono immerse, tant’è vero che questo nono episodio, più di tutti quelli precedenti, ha bisogno, nei punti cruciali, di richiamare i fantasmi del recente e glorioso passato, da Luke Skywalker a Han Solo, e persino il casco inanimato di Darth Vader sembra voler riprendere vita. C’è spazio per tutti: per il mitico Millennium Falcon; per il vecchio Lando Calrissian; per il wookiee Chewbecca; per vecchi, C-3PO e C1-P8, e nuovi droidi, BB8, a cui sono affidate le battute e le situazioni più divertenti; persino per l’imperatore Palpatine. Alla fine sono loro a garantire passionalità ed energia, sono loro a dare continuità narrativa; rappresentano, infatti, il vero legame con ciò che è accaduto e che accadrà e sono la chiave di lettura affinché i fan storici siano ancora affascinati e interessati a ciò che sta succedendo in quella galassia lontana, lontana.
A long time ago in a galaxy far, far away…
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