I Rainbows Are Free attingono ad un miscuglio di sonorità che aprono strade verso dimensioni inesplorate: grunge e space rock, progressive rock e stoner metal – il passato, quindi, è perennemente dietro l’angolo, ma è come se fosse rimasto in sospeso ed il suo spirito, oggi, mentre sta iniziando un nuovo decennio, si volge verso un futuro che pare destinato ad essere sempre più incerto, cupo e pesante. E soprattutto a fuggire via dalle nostre mani.
“Head Pains” è caratterizzato da una teatralità nefasta, profuma di tempesta imminente, mentre i toni metallici si intrecciano ad atmosfere più tenui e sfumate, tipicamente dark e gotiche, lasciando che pian, piano il fuoco nero avvampi ed il Caos prenda completamente possesso del nostro piccolo, insignificante mondo, proprio mentre le prime note di “Lady Of The Woods / Psychonaut”, epiche e spaziali, iniziano ad uscire dalle casse dell’impianto. E, come spesso accade, quando tutto sembra destinato a scomparire nell’oblio, è proprio la consapevolezza di ciò che siamo, di ciò che abbiamo fatto, di tutti coloro che ci hanno preceduto e ci hanno permesso di essere qui adesso, a fornirci un appiglio per resistere e continuare a combattere: “The Nile Song”, nella sua veste scarna e essenziale, non è solo un ritorno agli echi del tempo andato, non è solo un omaggio alle atmosfere pinkfloydiane meno conosciute, ma è soprattutto l’esempio pratico di come l’uomo moderno, guardando dietro di sé, prendendo il meglio della sua storia passata, riconoscendone ogni errore e traendone il necessario insegnamento, può uscire dal tunnel oscuro in cui si è incamminato.
La scelta, ovviamente, deve essere nostra: è indispensabile non farsi influenzare né dalle paure personali, né dalle menzogne che ci vengono inculcate dall’alto. Forse non siamo ancora maturi per compiere il passo definitivo e la canzone finale dell’album, “Eunice”, pervasa dalla sua struggente malinconia, ma, allo stesso tempo, anche dalla speranza, sembra quasi voler sottolineare la nostra fragile e difficile condizione: il destino appare come la lama sottile di una spada tra la salvezza e la condanna definitiva ed ora, più che mai, è giunto il momento di prendersi le proprie responsabilità e fare la scelta più giusta, non per il singolo individuo o la ristretta comunità cui appartiene, ma per il mondo intero.
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