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Il Parco Paranoico

Hoodoo Lightning, Kamchatka

Mik Brigante Sanseverino Gennaio 2, 2020 Dischi Nessun commento su Hoodoo Lightning, Kamchatka

Il groove dei Kamchatka, trio power metal svedese, dà vita ad un album in cui il blues rock più classico e viscerale si lascia avvolgere dalla dinamica e dall’intensità del metal, in un perfetto mix di grinta e passione, di cuore e cervello. Perché i ragazzi mostrano di saperci fare e contaminare l’anima blues del loro sound con diversi e variegati stili: dallo stoner rock alle atmosfere psichedeliche, riuscendo a trasmettere agli ascoltatori il calore di una jam session senza perdere mai di vista il senso globale della struttura dei singoli brani e allo stesso tempo risultando energici, mai banali e perfettamente in grado di plasmare, a proprio piacimento, la materia grezza dell’hard-rock anni Settanta. Idealmente, infatti, il trio svedese si lascia ammaliare dalle sonorità acide dei Black Sabbath e da quelle magmatiche di Jimi Hendrix, ma, fregandosene del tempo che passa, rende omaggio anche alla dolorosa passionalità dei Soundgarden e degli Alice In Chains. Tutto ciò potrebbe far storcere il naso ai puristi blues o a chi non ama guardare alla musica del passato, ma i Kamchatka si rapportano a questo glorioso passato come fosse il palco su cui debbono esibirsi: si sentono a loro agio, si muovono liberamente negli spazi a loro disposizione, ma l’energia e la passione sono solamente le loro, così come ogni nota che viene suonata ed ogni parola che viene pronunciata. Tutto, quindi, è più che mai attuale.

La Kamchatka è una terra estrema, un luogo ai confini del mondo, dove l’uomo può toccare con mano la sua debolezza e la sua insignificanza rispetto alla grandiosità ed alla forza – creatrice e distruttrice – della natura, ma è anche una terra di passaggio, il ponte tra l’Asia e l’America, in bilico tra culture e mondi che sembrerebbero diversi tra loro. Una diversità, infatti, che è solo di facciata ed apparenza, perché le radici sono le medesime; ecco, allora, la necessità di resistere, di non lasciare che il ponte di “Rainbow Ridge” crolli su stesso. Ed oggi che il nazionalismo più becero e violento vuol appropriarsi di ogni angolo del pianeta, intrappolando le persone in una spirale di odio e paura, il blues – con la sua forte passionalità, con la sua storia, con la sua capacità di parlare alle anime ed alle coscienze – può essere fondamentale non solo nel denunciare le brutture e le ingiustizie dei tempi attuali, ma anche come mezzo di unità e ricostruzione sociale. Non è attuale tutto ciò? Non è attuale in un’epoca in cui come accade in “Supersonic Universe” siamo costretti, spesso, per completare noi stessi, a partire ed abbandonare coloro che amiamo?

Dare delle semplici etichette, nascondersi dietro definizioni sintetiche, quindi, come accade sovente, è solo forviante e rischia di non rendere giustizia ad un progetto concettuale e sonoro, che pur affondando le sue solide radici nel passato, in quell’hard-rock caro a band come i Deep Purple o in Raibow, riesce ad evolversi in maniera del tutto indipendente e soprattutto originale.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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