Il tamburo da guerra dei Taraban esorta le folle a seguire il richiamo del metal, del blues e della psichedelia, dando vita ad atmosfere magiche e misteriose, che si contrappongono al grigiore dominante i tempi moderni. Tempi nei quali è sempre più arduo dare ascolto al proprio cuore e lasciarsi trasportare dalla fantasia, perché ogni nostro singolo passo, ogni nostra parola, ogni scelta, deve avere, necessariamente, un contrappeso economico e materiale.
Di conseguenza non c’è più spazio per i propri sogni o per coltivare le proprie passioni; il nostro tempo non è più nostro, l’abbiamo svenduto in cambio di un lavoro quasi sempre precario, di una casa in affitto o delle rate da saldare ogni mese. Tutto ciò non fa che generare paura e tristezza; è come se vivessimo in un limbo oscuro, incatenati gli uni agli altri, senza alcuna possibilità di riprendersi la propria libertà.
Intere nazioni, infatti, hanno barattato la propria essenza per prender parte ad un banchetto nel quale alle persone normali, a quelle più deboli, a quelle più fragili, a quelle che non hanno amici in paradiso, saranno offerti solamente gli avanzi di quelli che, ormai, sono diventati i veri padroni del mondo intero, al di sopra di qualsiasi legge e persino della verità. L’Occidente aveva stretto il suo bel patto con questa creatura mostruosa e la stessa cosa ha fatto, non appena ne ha avuta la possibilità, anche l’Oriente. Il vero mostro presiede i consigli di amministrazione delle multinazionali che si spartiscono le ricchezze del pianeta, ha la faccia rassicurante delle banche, controlla la rete globale delle informazioni, costruendo verità a proprio piacimento per impaurire e quindi tenere in riga le persone.
“How The East Was Won” scava nei nostri bisogni e nelle nostre necessità primordiali e lo fa prendendo elementi sonori di diversa matrice – dal folk al blues-metal, dallo stoner rock all’epic metal, dai Pink Floyd ai Led Zeppelin, da Cracovia al deserto californiano – e rimescolandoli sotto il fuoco passionale e luminoso del rock psichedelico. È questa la formula che gli consente di essere liberi, di non restare ancorati al proprio passato e di inserire la nostra quotidianità, con tutto il suo grigiore e le sue menzogne, nei paesaggi ipnotici e surreali che prendono vita mentre ci addentriamo nel viaggio sonoro e concettuale dei Taraban, lasciando che le ultime note di “Liberty Fraternity Eternity” si confondano col battito del nostro cuore.
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