Un vortice di suono ha inghiottito il Godot Art Bistrot di Avellino, lasciando che gli spettatori presenti fossero sottoposti ad una pioggia incessante di asteroidi psych e stoner rock, doom e black metal, mentre l’antenna del theremin continuava imperterrita a vibrare, entrando così in sintonia con i nostri pensieri più intimi e le nostre più oscure ed inconfessate divagazioni mentali.
La Morte Viene Dallo Spazio – chitarra, basso, batteria, flauto, moog e theremin – in una delle prime serate di questo nuovo decennio, ha acceso i razzi della propria navicella a piena potenza, utilizzando come combustibile tutto ciò che potesse stimolare la propria fantasia e la propria voglia di creare sperimentando: il rock psichedelico degli anni Settanta; i Goblin ed i Black Sabbath; le cocenti atmosfere del rock del deserto; le atmosfere misteriose dell’anfiteatro pompeiano; sonorità che, spesso, diventano epiche ed esoteriche, liberando la band milanese dal fardello opprimente del Tempo e dello Spazio e permettendo loro di destrutturare e sciogliere nel proprio magma sonoro ogni certezza ed ogni riferimento e plasmarli in una nuova forma. Nulla può essere distrutto, ma tutto può essere trasformato, rivisitato, rimodulato, dilatato, concentrato, per definire l’architettura del proprio sound e per colpire la sensibilità degli ascoltatori.
Ieri sera ciascuna mente ha potuto compiere il proprio volo pindarico nei meandri più bui della propria immaginazione, delle proprie paure, delle passate esperienze, proiettando, allo stesso tempo, il proprio io verso l’ignoto. Guardando l’universo, le sue forze misteriose, le sue stupefacenti leggi, ci rendiamo conto di quanto sia piccolo l’essere umano, di quanto siano sciocchi i suoi affanni quotidiani e di quanto sia stupido credere di poter dominare e controllare il Creato. Noi non siamo che dei fragili ospiti e probabilmente non siamo neppure i soli.
La Morte Viene Dallo Spazio ha costruito, mattone dopo mattone, la propria piramide psichedelica, l’ha rivestita di luce ed oscurità, di mistero e conoscenza, permettendo di spezzare quelle catene mentali che ci impediscono di stupirci e di sperare; quelle catene che pretendono di tenerci legati alle nostre debolezze umane, non permettendoci di gettare via gli strati di individualismo, egocentrismo, egoismo, falsità, sotto cui nascondiamo la nostra anima, l’unica vera antenna di cui disponiamo per metterci in contatto con tutto ciò che è, allo stesso tempo, fuori e dentro di noi: oltre la stratosfera e negli angoli più irraggiungibili delle nostre coscienze.
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