Si può essere taglienti ed eterei allo stesso tempo, guardare alle sonorità trip-hop dei Massive Attack, alle ossessioni alienanti di questi tempi moderni e trasformare le brucianti convulsioni shoegaze della propria anima in un miscuglio di sonorità elettroniche, noir e dream-pop. Spesso ci massacrano, ci rompiamo in pezzi sempre più piccoli; pezzi che perdiamo nell’oscurità delle nostre paure e delle nostre assurde manie e che, poi, facciamo sempre più fatica a recuperare e rimettere assieme, lasciando che il tempo a nostra disposizione, il nostro stesso nome e tutto quello che abbiamo a cuore ci sfugga, dolorosamente ed inevitabilmente, per sempre, di mano.
Rose Berlin e Dean Garcia, noti come SPC ECO, ovvero “space echo”, si affidano ai loro suoni tremolanti e malinconici, ai passaggi più lievi, a quelli più turbolenti, alla calda umanità della voce di Rose, alle fredde, frenetiche e convulse atmosfere dei synth, per tentare di ritrovare e riattaccare ognuno di quei frammenti e poi attraversare quelle lande oscure dalle quali, spesso, non riusciamo più ad uscire. Non perché non troviamo la strada, ma semplicemente perché ci lasciamo travolgere, condizionare e controllare da fattori esterni che non hanno assolutamente nulla a che vedere con ciò che siamo davvero. Dentro. A volte sono atteggiamenti rabbiosi oppure orgogliosi, a volte il desiderio di possedere qualcosa o qualcuno, a volte oggetti del tutto inutili ed insignificanti, a volte i dubbi e le insicurezze che la stessa società inietta nelle nostre vite, in maniera tale da plasmarci e renderci asserviti ai suoi meccanismi.
Ma SPC ECO rimette la nostra umanità al centro del suo discorso musicale, prediligendo i tempi lenti e le suadenti trame vocali, perché l’obiettivo principale è permettere alle emozioni di recuperare tutto il terreno perduto, alle persone di riprendersi il controllo del proprio tempo e quindi delle proprie passioni e tenere, infine, sempre aperto un canale di comunicazione reale con i propri ascoltatori, non una banale connessione artificiale da aprire o chiudere con uno stupido click del mouse, ma qualcosa che risulti consistente, significativo e soprattutto familiare. Ciò ha portato alla nascita dell’album “Fifteen” nel Febbraio 2019 e dopo un anno esatto e svariati singoli (“Wish You Were Near”, “Across The Universe” e “Work It Out”), ci porta dritti alle atmosfere incorporee, ma sempre risolute, dei quattro brani inclusi in questo nuovo “February EP”.
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