Dobbiamo pensare a ciò che non conosciamo come ad una nuova possibilità, da sfruttare al meglio delle nostre capacità. Il pericolo, però, è quello di confonderci, come quando la luce attraversa sostanze diverse e dà origine a diverse immagini rifratte. Spesso è difficile definire ciò che è reale da ciò che non lo è; è un rischio, ma è un rischio che dobbiamo correre perché l’essere umano può migliorarsi e progredire solamente attraverso la scoperta e la conoscenza, attraverso il superamento di quelli che sono ritenuti i suoi limiti, fino a che, ovviamente, non ne vengono individuati di nuovi.
“Plasmatic Idol” è un disco che, sin dal primo brano, “Parhelion”, esorta gli ascoltatori ad evadere da quelli che sono i loro normali e precostituiti schemi mentali, ad accettare ogni sfida, a non porsi alcun limite – né temporale, né spaziale – nel tentativo di raggiungere la propria felicità. Allo stesso tempo i Giöbia ci mettono in guardia dai pericoli, dalle menzogne e dalle facili illusioni che indeboliscono e distruggono quelli che sono i nostri migliori propositi. La band italiana è musicalmente a suo agio al di fuori degli schemi prefissati ed ama, di conseguenza, la contaminazione dei diversi generi; sarebbe limitante parlare solamente di space rock, con forti influenze psichedeliche, senza citare tutte le diverse sonorità toccate, dal progressive metal al garage rock, dal krautrock allo stoner rock.
I richiami cosmici concorrono a mettere in evidenza quello che è, in fondo, il cammino umano: le domande che ci gettano nel dubbio e nello sconforto sono buchi neri nei quali possiamo sprofondare ed impazzire; i falsi miti sono gli asteroidi rocciosi che deviano la nostra rotta; le esistenze sprecate a perseguire obiettivi puramente superficiali e materiali sono le nebulose in cui rischiamo di perderci per sempre; gli affetti in cui troviamo rifugio e sostentamento sono i pianeti che ci consentono di fermarci a riposare e recuperare energia; la bellezza del creato è l’illuminante splendore di un quasar. Il parallelismo tra l’infinitamente grande dell’universo e le fragili e minuscole esistenze umane è espresso dalla grandiosità ed, allo stesso tempo, intimità di “The Escape”, capace di diffondere la sua luce non solo nell’intero spettro visibile, dal rosso al violetto, ma di penetrare sia negli spazi angusti dell’infrarosso, che nelle volte immense dell’ultravioletto.
“Plasmatic Idol” ha un potere evocativo e terapeutico, riesce a trasformare le nostre peggiori inquietudini in pacifici respiri e lo fa con naturalezza e semplicità, senza ricorrere a chissà quali complessi meccanismi psicologici, ma aggrappandosi al dolce sapore delle piccole cose, come fece l’immortale Psiche quando, incaricata di scendere agli inferi, calmò il terribile cane a tre teste, Cerbero, con un semplice e rassicurante dolce al miele.
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