Le atmosfere sono pesanti, le sonorità oscure e magmatiche, perché i tempi che attraversiamo sono così: un campo di battaglia sul quale molti di noi cadono e non sanno nemmeno perché. È sempre stata una guerra, ma ce lo hanno sempre tenuto nascosto, lo nascondevano dietro i negozi pieni, gli acquisti a rate, quelli online, i giardini curati delle villette ed il rombo dei motori delle auto, ma adesso sta venendo tutto fuori e lo sta facendo nel peggior modo possibile, nella solitudine e nel silenzio, fissando l’altro come un nemico, un pericolo, un mostro, un appestato, mentre la campana delle streghe, “The Witching Hour Bell”, suona la nostra ora. Sarà l’ultima? O sarà quella nella quale ci risveglieremo, finalmente, da questo sonno profondo?
Nonostante la durezza ed il sapore metallico delle nuove composizioni, i Dopelord ci lasciano uno spiraglio di salvezza, ma la scelta può essere solamente nostra; solo gli uomini possono riallacciare i sottili legami di speranza e soprattutto di solidarietà che il Male ha indebolito, sfilacciato e spezzato – non importa esso in quale forma si manifesti, se quella di una creatura infernale; o quella di un mostro rabbioso proveniente da un passato che pensavamo di aver sconfitto; o quella di una multinazionale tentacolare e bramosa di potere e ricchezza; o quella di un virus micidiale ed invisibile. Le sonorità cupe di “Hail Satan” spostano il velo della falsità, le componenti doom e stoner si fondono con quelle heavy metal provenienti dal passato, plasmando una musica magica che scava nel terreno umido della notte, nel cuore pietrificato degli uomini moderni, senza aver paura di tirar fuori le voglie occulte, i pensieri malvagi, quella visione egocentrica dell’universo che sta diventano la nostra fatale condanna finale. “Heathen” e “Doom Bastards” ne sono la codifica sonora, il cuore pulsante del disco, quello in cui la battaglia si fa più cruenta, nel quale assoli e distorsioni penetrano nella carne, mentre, successivamente, i passaggi più ipnotici e meditativi hanno il compito di rilassare le nostre membra, permettendo al veleno, che ci ha resi schiavi, di uscire fuori e bruciare alla luce del Sole, liberandoci, così, dal Male, da tutti i mali.
La musica, soprattutto quando sa alternare momenti possenti e improvvise aperture alla riflessione, quasi come se fossero i varchi fantastici per altri mondi (“World Beneath Us”), dentro e fuori, sopra e sotto, riesce ad avvolgere gli ascoltatori nelle sue spire, a penetrare nelle loro vite e forse può davvero aiutarci ad uscire da questo tremendo incubo o almeno a rendercelo più sopportabile.
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