domenica, Dicembre 22, 2024
Il Parco Paranoico

Vices, Peggy Sue

Mik Brigante Sanseverino Marzo 16, 2020 Dischi Nessun commento su Vices, Peggy Sue

Il disco si apre con un brano dalle suadenti melodie, “I Wanna Be Your Girl”, che riporta ad atmosfere lontane nelle quali il tempo scorreva in un modo meno frenetico; atmosfere che, in verità, possono esistere solamente nei libri o nei film, mentre le chitarre acquistano via, via che si procede nell’ascolto del disco, sfumature emotive differenti, come lo sono, in fondo, le nostre giornate. Inizialmente sono lievi e sognanti, poi diventano malinconiche ed infine si fanno più sofferenti ed ombrose. Contemporaneamente l’amorevole e luminoso mattino, carico di speranza e fiducia verso il futuro, che ha aperto l’album, lascia il posto alle divagazioni pessimiste di “In Dreams”, alla paura di perdere ciò che – forse troppo gelosamente ed irrazionalmente – riteniamo debba essere solamente nostro; intanto alle sonorità dream-pop si sovrappongono elementi e passaggi che ricordano molto da vicino il garage-rock ed il surf degli anni Sessanta.  Ciò permette a Katy Young e Rosa Slade di essere più incisive, di esteriorizzare i propri sentimenti e stati d’animo e di affiancare ai passaggi più rarefatti e introspettivi quella che è la cruda realtà con cui, purtroppo, dobbiamo confrontarci.  

“Vices” può essere considerato un disco d’amore? Sì, lo è; ma è un amore vissuto, con i suoi momenti più estasianti e quelli più asfissianti; si tratta di quell’amore che, sovente, lascia i suoi segni, che ti fa male e che ti porta fuori strada. L’amore, come qualsiasi altro rapporto umano, ha le sue luci, ma ha anche le sue ombre; “Vices” vuole essere, appunto, un disco fatto di luce ed ombra, che ha in sé quel ridente mattino che può trasformarsi in una notte insonne ed inquieta, carica di presagi, di immagini e di riflessioni che non assomigliano, per niente, al tanto celebrato ed esibito bacio della buonanotte. Un brano che, più degli altri, esprime queste considerazioni in maniera efficace, con una buona dose di ironia e di senso critico, è “Validate Me”, nel quale il peso dell’amore o forse più correttamente delle aspettative di cui lo carichiamo, nonostante l’apparente dolcezza della canzone, diventa l’ossessione che rischia di subordinare la nostra felicità e la nostra realizzazione a qualcosa e qualcuno che non potremo mai controllare e probabilmente è anche normale e naturale che sia così. Come è normale e naturale mostrarsi in modo veritiero, senza imporsi limitazioni controproducenti e fingere di essere ciò che, in realtà, non siamo, né potremo essere mai, né da lontano, né tantomeno da vicino.

“You always so good from far away”, vogliamo davvero vivere così?

Like this Article? Share it!

About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

Comments are closed.