VOLUME 2: “TRA LE BRACCIA DI ECATE”
In questo momento storico nel quale è necessario ed indispensabile che ciascuno faccia la sua parte, abbiamo scelto una serie di performance live che potete guardare tranquillamente restando a casa. Buon ascolto e buona lettura.
Thurston Moore Group, live at Pitchfork music festival, Chicago (14 Luglio 2017)
Da evoluzione a devoluzione il passo può essere davvero breve e molto meno dirompente di quanto prevedevamo. Nessuna catastrofe nucleare, insomma, ma un organismo invisibile che agisce nel silenzio. Un silenzio che si trasforma nel lacerante rumore che annichilisce le nostre certezze e demolisce dalle fondamenta la società perfetta che eravamo convinti di aver costruito dopo millenni. Il rumore che Thurston Moore, dai tempi della gioventù sonica, esorcizza e modula in base a quelle che sono le leggi fisiche del suo mondo sonoro: facendolo crescere, sminuzzandolo, facendolo espandere, contraendolo in un seme da cui far germogliare nuova vita.
Radiohead, live at Glastonbury festival, Chicago (28 Giugno 2003)
E se il seme forse malato? Se da esso non potesse nascere altro che un mondo claustrofobico, nel quale solo chi si attiene a regole assurde e palesemente sbagliate può sopravvivere? Se da esso venisse fuori una società dominata dal conformismo, nella quale gli esseri umani si riducono a degli automi stupidi ed insensibili che, distruggendo tutto ciò che li circonda e dà loro sostentamento, non fanno altro che distruggere sé stessi? Chi meglio potrebbe dare a queste domande una raffigurazione musicale se non i Radiohead? La band che più di tutte, ha portato alla luce, con le sue ritmiche estranianti, con le sue sonorità rock, psichedeliche ed elettroniche, con le sue ambientazioni introspettive, gli effetti nocivi della depressione, della solitudine e della assuefazione sull’uomo moderno.
Wire, The Scottish party full DVD (2004)
Non è possibile dare risposte. Ormai occorrono i fatti. Bisogna necessariamente liberarsi di tutto ciò che è superfluo e guardare, se ne siamo ancora capaci, dentro di noi. Le sovrastrutture che abbiamo costruito e da cui poi ci siamo fatti governare, quelle sovrastrutture che hanno la faccia benevola e sorridente delle multinazionali, le cui politiche determinano e condizionano le scelte e le leggi dei singoli paesi, vanno messe da parte. Bisogna recuperare la semplicità dei propri sentimenti, la purezza delle proprie delle idee, come avviene con le sonorità post-punk scheletriche, incisive, dirette e minimali che caratterizzano il mondo dei Wire.
Ride, live at Pitchfork music festival, Chicago (16 Luglio 2017)
Il nuovo inizio, quindi, potrebbe essere un ritorno. Come è successo con i Ride che hanno attraversato le roboanti deflagrazioni sonore degli anni Novanta, dal grunge allo shoegaze e che ora sono tornati su una cometa elettronica. Sarà, dunque, il passato a fornire la soluzione? Basterà semplicemente aprire la pagina di un diario e rammentare i bei tempi andati, per evitare la nostra definitiva auto-distruzione? Non credo. Il passato è qualcosa di concluso e definitivo; qualcosa che si è prosciugato da tempo; non è la soluzione, ma può fornirci una direzione da percorrere: quella di essere migliori delle scelte che abbiamo compiuto finora.
Lee Ranaldo & The Dust, live in the KEXP studio (8 Dicembre 2013)
Tornare all’inizio, dunque, non è rifare esattamente le stesse cose, ma è il contrario: non sentirsi vincolato a compierle. Ogni cambiamento, infatti, richiede libertà dalle pressioni e dai condizionamenti esterni, solo così può rivelarsi come qualcosa di positivo e raffigurarsi concretamente come uno stadio successivo della propria evoluzione musicale, personale o sociale. Non importa quanto tempo sia trascorso; non conta se si è giovani o vecchi; è sufficiente semplicemente avere la forza ed il coraggio di sfidare l’ignoto, di oltrepassare quelli che riteniamo essere i nostri limiti ed i nostri preconcetti. Lee Ranaldo va ben oltre quella che è la canonica forma-canzone, immagina nuove strade, nuove possibilità ed esse, come per magia, prendono forma dinanzi ai suoi occhi.
God Is An Astronaut, live at Rockpalast (29 Luglio 2019)
E se non avremo abbastanza spazio qui sulla Terra, volgeremo la nostra attenzione al Cielo, ascolteremo quello che hanno da dirci le albe ed i tramonti, le stelle ed i pianeti, le misteriosi e silenziose leggi del cosmo. Ancora il silenzio, dunque, ma non quello ostile di un virus, bensì quello che nasconde le origini dell’Universo e quindi della vita, un silenzio che diventa fonte di ricerca ed ispirazione per le sonorità astrali e post-rock dei God Is An Astronaut, un silenzio che deve darci consapevolezza dei nostri limiti, ma anche dei nostri mezzi, schermandoci sia dall’auto-compiacimento, che dal disfattismo cosmico nel quale potersi auto-assolvere da ogni colpa.
PJ Harvey, live at Sydney Festival (18 Gennaio 2012)
Vittime e carnefici allo stesso tempo, alla ricerca di un lavacro purificatore nel cui potersi mondare dei propri peccati. Un viaggio catartico, non privo di sacrifici, che deve portarci a rescindere ogni legame con il ricco Pluto; l’alternativa è perdersi ed avere, per sempre, le mani insanguinate e la coscienza talmente sporca, che persino Ecate potrebbe impedirci di varcare le soglie del suo regno. Ed allora non ci resterà che vagare, come eterni fantasmi, in un mondo estraneo e ricordare le voci ed i suoni degli uomini, quelli di un passato ormai morto e sepolto: un blues-punk a tinte fosche che incontra i sepolcrali e scarnificati paesaggi elettonici a cui PJ Harvey dà corpo nei suoi show.
Liquid Tension Experiment, live in Los Angeles (27 Giugno 2008)
Il tempo, restò solamente il tempo a scandire giorni e stagioni che erano oramai vuoti, che non avevano bisogno di alcun nome, mentre una natura indomita riprendeva il possesso di ogni spazio e i templi di una grandezza estinta perdevano la loro battaglia contro alberi e muschi, facendosi inghiottire dal verde sfavillante della vegetazione. Come è accaduto a Pripyat, tra case abbandonate e strade sempre più strette ed irriconoscibili, sotto l’occhio vigile dei lupi, degli orsi e di tutte le altre creature del cielo, dell’acqua e della terra. Un epico inno fusion alla forza della natura, che John Petrucci, Mike Portnoy, Jordan Rudess e Tony Levin intonano in una delle culle moderne della cività, miscelando progressive metal, psichedelia, jazz, blues sotto il sole della California.
Altre pagine “Home Live Show” disponibili:
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