“Ataraxy” è una miscela strumentale di sonorità stoner metal e post-rock, che alterna, di conseguenza, passaggi più melodici e riflessivi ad altri che sono più massicci e minacciosi. Due fari, dunque, pervadono il nuovo album dei Brunt: i suoni materiali, claustrofobici ed oscuri del corpo fanno da contraltare a quelli più spirituali, luminosi e d’ampio respiro dell’anima. Ma i due approcci non sono mai nettamente disgiunti tra loro, vi sono cambiamenti ritmici continui, i suoni diversi si compensano, si addentrano l’uno all’interno dell’altro, creando un unico filo musicale e ciò è evidente sin dal primo brano, “The Grauballe Man”, nel quale l’ascoltatore può perdersi in paesaggi ed atmosfere ipnotiche e psichedeliche, per poi essere risvegliato da torbide e vorticose esplosioni metal e post-grunge.
Non c’è mai un unico riferimento, “Light Of The Mire” segue un percorso progressive metal, che viene immediatamente sottoposto a fragorosi bombardamenti stoner e sludge metal, mettendoci dinanzi alla cruda realtà del mondo circostante, proiettando su di esso i nostri sentimenti e stati d’animo più intimi. “Ataraxy” riesce, allo stesso tempo, sia a liberare le nostre emozioni celate, a far sì che esse entrino in contatto con l’esterno, sia a riportare nel nostro inconscio quelle che sono le nostre percezioni, tutto ciò che i nostri sensi riescono a catturare, conoscere ed assimilare.
Un’esperienza unica che la musica può, ovviamente, amplificare e che non ha solo valenza nel contesto personale del singolo individuo, ma può trasformarsi in un’esperienza condivisa e mettere in relazione il dentro-fuori, l’apparente-nascosto, di ciascuno di noi con coloro che ci sono vicini. È qui che le sonorità space e psych rock riescono a dare il meglio di sé, a creare delle vere e proprie spirali soniche che è interessante percorrere e che ci permettono di esplorare territori emotivi e sensoriali completamente nuovi e sconosciuti, mentre i groove pesanti deflagrano su un background post-rock, lasciando spazio anche ad altri strumenti, come il flauto o il tamburo di “Ataraxy”, che riportano alle affascinanti atmosfere epic-rock che fanno da contorno alle storie mitologiche ambientate nel mondo di Arda o in altri luoghi simili. C’è l’ombra, c’è la luce, ed in mezzo, in questo magma incandescente di mille chiaroscuri elettrici, ci siamo noi, con le nostre parole ed i nostri silenzi, con i nostri sogni e le nostre necessità materiali, col nostro cuore e la nostra ragione, in un eterno completarsi e divenire, cadere e rinascere, finire ed iniziare.
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