Garage, blues, punk, un vero e proprio flusso di coscienza che libera tutto ciò che di più oscuro ed inebriante, di più pauroso e stimolante, si nasconde nelle nostre menti. Un veleno dal sapore dolce ed amabile, ironico e struggente, che si fa strada nelle nostre sfaccettate intimità, così come la musica si fa strada tra i nostri pensieri, i nostri sentimenti ed i nostri discorsi. Senza rispettare alcuna regola di grammatica o di punteggiatura, la musica scorre in maniera fluida e spontanea, si prende le sue pause, compie le sue accelerazioni improvvise, alternando ritmiche differenti, per poi arrestarsi, trattenere il fiato e lasciarsi risucchiare in luccicanti e temibili spirali di nostalgia e di speranza, di fede e di peccato, tra narrazioni psichedeliche e sonorità elettriche sulfuree e taglienti.
“Shadow of a Rose” è un disco romantico, ma il suo è un romanticismo grigio e fumoso, a metà strada tra una definitiva dannazione ed una dolorosa malinconia per ciò che è passato: un romanticismo raccolto, appunto, all’ombra di una rosa, la quale dovrebbe appassire e morire, ma invece si rafforza e resta in vita, traendo energia proprio dalle tenebre che dovrebbero ingoiarla per sempre. E così la depressione di “East End Serenade” o la mesta immagine della neve che cade silenziosa dal cielo, si trasformano in un’estasi irrequieta e sregolata. Una inattesa e preziosa carezza nascosta nei cupi meandri della violenza, mentre la leggiadria ipnotica di “Opium” cattura la nostra immaginazione e diviene il sostentamento di un animo viaggiatore. Un animo curioso di scoprire nuove storie, ascoltarne il suono, le suadenti melodie, la voce graffiante, quella triste, quella rassegnata, quella sofferta, quella tagliente, per poi ritrovarsi, alla fine, immerso e perduto nelle atmosfere alcoliche, amorevoli e blueseggianti di “Woman Undone”, che chiudono un disco eterogeneo, ma allo stesso tempo compatto e coeso, un lavoro che ad ogni ascolto saprà farci scoprire una pagina nuova del suo racconto sonoro.
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