Oakland. San Francisco. California. Località che evocano, immediatamente, dinanzi ai nostri occhi la luce, il calore, le spiagge, il sole, i film, il successo, la possibilità concreta di poter realizzare qualsiasi sogno. Qual è l’altra faccia, quella più brutale, di questo paradiso? Come ogni altra area metropolitana del mondo le questioni sono più o meno le stesse: inquinamento, disoccupazione, povertà, emarginazione, sovraffollamento, criminalità, discriminazione ed una forte diseguaglianza sociale ed economica.
Razzismo, paura, violenza, abbandono, solitudine, tutta una serie di sentimenti e comportamenti, negativi ed estranianti, che hanno fatto sì che generi musicali più oscuri si sviluppassero e prosperassero proprio qui, sotto il sole della California: hardcore, punk, metal, doom, sludge, darkwave ed in generale qualsiasi forma d’arte che non ha alcun timore di mostrare la realtà per quella che è, né di scavare nei meandri più sporchi e bui delle nostre coscienze, tentando così di liberarle dall’inutile rabbia e dalle pericolose menzogne che impediscono alle persone comuni di evolvere, di superare i propri limiti mentali, di fare comunità e di migliorare le proprie condizioni sociali.
Questo tenebroso flusso di coscienza ha trovato la sua naturale via di fuga ad Oakland, grazie all’etichetta “Transylvanian Tapes” (vai al link), che ha permesso alle voci più appassionate ed inopportune, come solo la Verità sa esserlo, di venire amplificate e poter arrivare ovunque nel mondo ci fosse qualcuno disposto a non fermarsi alle apparenze, ai luoghi comuni, ai giudizi facili, alle semplici divisioni tra bianco e nero, ma volesse davvero aprire gli occhi e vedere cosa c’è oltre la cortina di nebbia in cui vogliono farci sopravvivere.
“Letharia” è l’album omonimo di una band di Santa Cruz (30 Novembre 2019), è pervaso da sonorità che intrecciano la forza e l’energia del doom metal con le atmosfere riflessive e suadenti del rock più sperimentale e psichedelico. Le ritmiche sono lente, ossessive, morbose; penetrano nelle nostre menti assorte – proprio come facevano le sirene con i marinai che avevano perduto la rotta – le catturano, le spogliano delle loro finte sicurezze, mostrando loro il mostro che si nasconde dietro quei sorrisi compiacenti, quelle parole gentili, quelle forme sinuose ed invitanti. Quante volte, infatti, ci siamo fatti incantare da menzogne costruite ad arte? Menzogne che ci vengono somministrate per tenerci buoni e sottomessi, mentre ci divorano, giorno dopo giorno; ma anche menzogne che diciamo a noi stessi, perché in questo modo ci convinciamo di poter vivere meglio, di poter essere più soddisfatti e più felici.
Ma la felicità, quella vera, ha un prezzo ben più alto da pagare e richiede lo sforzo enorme di guardare dentro di sé; è come se guardassimo nelle profondità buie degli abissi oceanici, laddove la luce del sole non può mai arrivare. Dobbiamo affidarci, soprattutto, ai nostri sensi, alle nostre percezioni, al nostro coraggio ed alla capacità di mettere a fuoco ciò che abbiamo davanti e coglierne la vera essenza. Un processo catartico, che il trio di Sacramento, i Chrome Ghost, accompagna con la musica di “The Diving Bell” (30 Novembre 2019); musica che non si sofferma e concentra solamente su paesaggi tipicamente metallici, a base di sonorità doom, black e sludge metal, ma che si libra nei cieli del post-grunge e del progressive rock, tentando di esorcizzare quei minacciosi fantasmi che ci portiamo dietro, che si nutrono delle nostre emozioni e che tentano di affogarci in un profondo abissale dolore.
Il dolore, dunque, è l’abisso nel quale rischiamo di sprofondare; tutto il dolore che abbiamo patito e sopportato nelle nostre esistenze, spesso legato a perdite e delusioni; tutto il dolore che noi stessi abbiamo arrecato al prossimo, a coloro che ci amavano e che abbiamo deluso. Un dolore che può trasformarsi nello slancio emotivo che ci permette di trovare l’ispirazione e lasciar parlare la nostra intimità, come avviene con “Sequestered Sympathy” (7 Novembre 2019), album degli Exulansis, band divisa tra Portland e Oakland, impregnata di un black metal, sofferente ed evocativo, che guarda, musicalmente e sentimentalmente, al passato, ma senza restarne fatalmente imprigionato, altrimenti questa sarebbe davvero la fine di tutto quello che stiamo cercando di costruire e ci resterebbero solamente le macerie e le rovine di un mondo che non esiste più. Una trappola estrema da cui le nostre ali tormentate ci permetteranno di fuggire, prendendo dal passato semplicemente lo spunto per costuire un mondo che sia più giusto, più equo e più solidale.
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