domenica, Dicembre 22, 2024
Il Parco Paranoico

Far Enough, Cable Ties

Mik Brigante Sanseverino Aprile 9, 2020 Dischi Nessun commento su Far Enough, Cable Ties

Il basso rimbomba da un lato all’altro della stanza, le chitarre sono lame di coltello, mentre la voce di Jenny McKechnie passa dall’essere furiosa e vibrante a diventare controllata e melodica, perché è evidente che non si va da nessuna parte trasformando tutto il Male del mondo in rabbia caotica, disordinata e viscerale; è necessario indicare un’alternativa concreta a questa società, che nonostante gli indubbi vantaggi scientifici e tecnologici, resta una società basata su un capitalismo ingiusto di tipo maschilista e patriarcale, con il quale, sin dai nostri primi anni di vita, veniamo catechizzati ed indottrinati.

Infatti “Hope”, il brano iniziale del disco, è una ferita ancora aperta: un passato scandito dalle rivendicazioni personali, dal bisogno di rivendicare i propri spazi, da un contesto familiare eccessivamente appiattito, dal punto di vista morale e politico, sui ricorrenti ed immutabili stilemi del neoliberismo discriminatorio e sessista. La disperazione quotidiana alimenta le fiamme della rabbia, ma la rabbia non può durare per sempre per cui, per non esserne consumati e sfiniti, è necessario non disperdere l’energia ed il calore che essa produce, ma incanalarli in speranza costruttiva, la quale, musicalmente, dà vita ai momenti più meditativi e melodici dell’album, che si alternano, in maniera efficace, al ruvido e combattivo background garage-punk.

Ciò, in definitiva, rende “Far Enough” un disco più vivo, intrigante ed eterogeneo, capace di uscire fuori da schemi sonori che, altrimenti, sarebbero troppo ripetitivi e scontati, passando dalla velocità, dal livore, dalla frenesia e dall’acidità di “Self-Made Man” al noise rock di “Anger’s Not Enough”, denso di sfumature, distorsioni, riverberi e feedback sofferenti e tenebrosi che sono un’esortazione ad essere meno apatici, a diventare più partecipi ed agire per tirarci fuori dalla nostra miseria che sta distruggendo non solo noi stessi, ma anche il mondo che ci ospita e di cui siamo parte, senza esserne assolutamente i padroni. Non lo siamo mai stati, nè lo saremo mai. La strada intrapresa, infatti, è quella del declino; la salvezza passa solo attraverso la consapevolezza e l’attivismo su cui fanno leva brani come “Lani” e “Not My Story“: bisogna riprendersi l’aria che respiriamo, il suolo su cui camminiamo, le nostre città, ad iniziare dalle periferie e dai luogi più abbandonati e lasciati a sé stessi; bisogna rendersi conto che non possiamo più essere dei semplici sudditi, dei passeggeri inconsapevoli, ma dobbiamo metterci alla guida e prendere il controllo delle nostre vite, delle nostre storie, delle nostre scelte.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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