“Faithless Rituals” è una tempesta sonica di hard-rock, garage, stoner rock, emozioni, fatica, impegno, passione e sudore che, divampata nel freddo e remoto nord dell’Inghilterra, esplode, con tutto il suo vigore e la sua intensità, nel bel mezzo del deserto della California, in quel luogo mitico che è diventato il Rancho de la Luna.
Gli Sky Valley Mistress mettono, sin da subito, le cose in chiaro: “You Got Nothin’” è un pugno nello stomaco: la batteria è massiccia, i riff decisi e distorti, le atmosfere cariche di magia e mistero, la voce suadente e vibrante. La tensione è alta, l’aria diventa elettrica e carica di groove, mentre “Punk Song” lancia la band a tutta velocità contro un vero e proprio muro sonoro, dalle cui crepe emergono assoli devastanti, sferzate di acidità e veleno, linee di basso ipnotiche, ma anche i momenti ed i passaggi più riflessivi e blueseggianti di “It Won’t Stop”.
Il ritmo e la velocità aumentano rapidamente con “Skull & Pistons”, per poi lasciare che “Blue Desert” prenda il corpo e la forma, lo spirito e la consistenza di un vero e proprio inno psichedelico che rapisce e proietta gli ascoltatori in una dimensione onirica ed alternativa di fuzz ed energia, sull’orlo di un dirupo sensoriale. Un luogo psichico in cui la band inglese può riscrivere le leggi fisiche dell’acustica, può plasmare la materia dei sogni, può alterare le dinamiche temporali, penetrando nella mente del pubblico, mettendola a soqquadro e trasformandola nel proprio sulfureo santuario emotivo, una vera e propria chiesa elettrica nella quale i fedeli, in preda alla sacra estasi del desert rock, hanno la possibilità sia di omaggiare gli antichi miti – da Janis Joplin ai Kyuss, dai Queens Of Stone Age a Robert Johnson – che permettere ai rituali sonici degli Sky Valley Mistress di esorcizzare tutte quelle dannate ossessioni e recriminazioni che rendono, spesso, le nostre giornate un noioso, preoccupante, inutile e pesante fardello.
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