Cambiamo e spesso il cambiamento è intrinsecamente legato a qualcosa che perdiamo ed a qualcosa che troviamo lungo il cammino. Gli addii, in tal senso, sono le più dolci condanne; ci consentono di assaggiare cosa sia l’amarezza di una perdita, di una partenza, di un abbandono, ma, allo stesso tempo, ci donano grande libertà emotiva e ci consentono di intraprendere nuove strade.
Essi, perciò, sono necessari, soprattutto perché non è possibile vivere, per sempre, ancorati agli stessi riferimenti, alle medesime strutture, alle stesse trame sonore, ma è indispensabile, per crescere, mettersi continuamente in gioco. “It was fun while it lasted”, è stato bello, ma i cerchi debbono essere chiusi, non possono essere percorsi all’infinito; il rischio, infatti, è quello di finire nella morsa di un presente che non fa altro che guardarsi continuamente indietro, sperando che il passato gli mostri cosa scegliere, come comportarsi, cosa dire, cosa suonare, come interagire con gli altri e col mondo circostante.
Questa consapevolezza si trasforma nella nostalgica che pervade, sia nei passaggi più meditativi e lenti, che in quelli più frenetici e veloci, le sonorità del duo canadese che si diverte a mescolare atmosfere suadenti di matrice indie-pop, una buona dose di irrequietezza ed irriverenza garage-punk ed un certa proprensione per un malinconico passato psych-blues-rock.
Ma l’addio non è una resa, né una condanna da scontare, è solo un passaggio necessario, una nuova stagione che inizia. Ciò nonostante la band dà anche un’altra lettura alle trasformazioni; questa volta meno personale e soggettiva, ma rivolta a tutti noi, come unica comunità; una lettura che è strettamente connessa ai cambiamenti, questa volta negativi, che i nostri comportamenti provocano alla salute ed all’equilibrio climatico del pianeta. L’immagine di copertina del disco è emblematica ed eloquente: Becky e Maya sono irriconoscibili; i sacchetti di plastica – simbolo di questo cambiamento unicamente distruttivo – le impediscono di vedere, di respirare liberamente, di sentirsi a proprio agio da sole e con gli altri, mentre una nave compare minacciosa sullo sfondo. In questo caso il cambiamento mostra solo il suo aspetto peggiore: è frustrante ed opprimente, diventa qualcosa che ci impedisce di essere felici, di realizzare i nostri sogni e le nostre aspettative. E forse in questo caso il passato può darci davvero una mano: ricordiamoci cosa avevamo, ricordiamoci com’erano i cieli liberi dall’inquinamento o i mari liberi dalla plastica e cerchiamo, ancora una volta cambiando comportamenti e prospettive future, di riportarli alla naturalezza purezza.
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