“The Never-Ending Year” è la ricerca di un equilibrio interiore, che, attraverso paesaggi evocativi, chiaroscuri post-rock, stratificazioni dream-pop ed indie-rock, tenta di dare un senso ai nostri ricordi che, nel frattempo, volteggiano, in maniera caotica, attorno a noi, influenzando, con i loro flashback apparentemente senza senso, quello che è il nostro presente, la realtà di cui siamo parte e che dovremmo cercare, per quanto ci è possibile, di rendere migliore.
Ma non è assolutamente un album triste o negativo, è semplicemente un album nel quale si respira e si percepisce, materialmente, attraverso la musica, la consapevolezza della nostra fragilità e della nostra debolezza, per cui esso suona come un esplicito invito a non perdersi in quei loop mentali da cui rischieremmo solamente di essere schiacciati, ma, piuttosto, ci sprona a godere a pieno di quelle che sono le nostre emozioni momentanee, le nostre esperienze reali, le singole giornate che si susseguono e soprattutto le persone che ci stanno attorno, che entrano ed escono continuamente dalle nostre vite. Ciò non significa essere superficiali o materialisti, anzi è l’esatto contrario: si tratta di riuscire a comprendere ed intercettare quegli eventi e quelle situazioni uniche che rendono un’esistenza degna d’essere vissuta a pieno.
Inutile tentare di prevedere ogni possibile sviluppo futuro, alcune scelte vanno semplicemente affrontate, cercando di prendere ciò che di positivo esse hanno da offrirci. Altrimenti resteremo, per sempre, qui, soli ed immobili, a dannarci l’animo per colpe che non abbiamo ancora commesso, torti che non abbiamo ancora subito, delusioni che non ancora ci hanno fatto soffrire, vivendo qualcosa che non è reale, ma è semplicemente la proiezione delle nostre paure irrazionali sul futuro. “By The Ocean” sembra riuscire ad attraversare queste nebbie fumose e mostrarci la verità per quello che è, in maniera tale che “Run” e “Where To Find You” ci trasmettano tutta l’energia necessaria a muoverci, ad apprezzare ciò che abbiamo: le cose più semplici, come la breve e suadente “Drowning” o quelle più toccanti e complesse, come “Highlands” e “Still I Miss You”, che chiudono il disco avvolgendoci in quella che è, appunto, la consapevolezza di una strada che stiamo iniziando a percorrere solamente adesso, che non sappiamo dove ci porterà, ma che ci arricchirà ad ogni passo.
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