Lo stoner metal dei Gaupa è carico di tonalità oscure e distorte, terrificanti e malinconiche, proprie di un mondo fiabesco e crepuscolare. Ma ad esse si contrappongono la vibrante energia e gli intensi colori dei passaggi sonori più epici, folkeggianti, orientaleggianti e psichedelici, i quali si sposano alla perfezione con le divagazioni vocali di Emma Näslund, mentre tutt’intorno il Sole sembra essere rimasto sospeso in cielo in quello che è un eterno tramonto, in bilico tra le forze cupe e misteriose della notte e quelle rassicuranti e pacifiche del giorno. Sappiamo, però, che, per quanto possano essere buie e profonde le ombre che ben presto avranno la meglio sui suoi ultimi raggi e lo inghiottiranno, una nuova alba spunterà da quei meandri tenebrosi, così come una nuova vita continua a spuntare dall’inerme seme sepolto nelle viscere umide e fredde della terra.
Le sonorità di “Feberdröm” hanno un alone magico, caricano di elettricità l’aria e riescono ad esorcizzare ogni nostra tristezza ed ogni nostalgia, mostrandoci come la musica ci consenta di espellere tutta la negatività che si accumula, giorno dopo giorno, in noi e spingerla fuori, mentre, nel frattempo, le vibrazioni più positive del mondo circostante vengono convogliate dentro di noi. La musica, quindi, è un varco che mette in comunicazione il dentro ed il fuori, il nascosto ed il visibile, il pensiero e la percezione.
La band svedese utilizza tutte le frecce del sue arco, dando vita ad un album eterogeneo, ma allo stesso tempo coeso e generoso di scoperte ad ogni successivo ascolto: vi sono momenti più meditativi e lisergici che mettono in luce il lato più prog-rock dei Gaupa; altri, invece, sono robusti e pieni di chitarre possenti; ed altri, infine, rievocano le mitiche e suggestive atmosfere hard-rock ed heavy-blues degli anni Settanta, pur restando saldamente connessi a quello che è il nostro attuale presente, ai suoi enormi limiti, alle sue follie ed ai suoi moribondi blackout. Infatti, il vuoto evocato da “Vakuum”, nonostante l’apparente sensualità, è sempre in agguato, desideroso di assoggettarci ed impriogionarci in un eterno lockdown, mentre le paure più irrazionali e primordiali si insinuano nelle nostre menti e nei nostri cuori, nonostante i tentativi di resistenza di “Hjulet”, rovistandoli e depredandoli di ogni sentimento, di ogni ricordo, di ogni idea, di ogni capacità empatica, almeno finché il Sole psichedelico di “Alfahonan” non ritornerà a brillare, con prepotenza e spavalderia, sul nostro cammino.
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