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Il Parco Paranoico

Cosmic Ritual Supertrip, Black Rainbows

Mik Brigante Sanseverino Maggio 22, 2020 Dischi Nessun commento su Cosmic Ritual Supertrip, Black Rainbows

“It’s a sign that you’re gonna die, real soon”, i Black Rainbows sono tornati con un disco che ha il sapore retrò del rock psichedelico e quello energico e soffocante, liberatorio e dannato dello stoner metal, con passaggi lenti e blueseggianti ed altri, invece, che sono una miscela esplosiva di fuzz, distorsioni, minacciosi alieni, spazi inesplorati, riff massicci e messaggi inquietanti su una fine imminente, che, in fondo, sembrano calarsi alla perfezione nella nostra cruda realtà. E così, tanto nel viaggio onirico di cui la band italiana intreccia le trame, quanto nella nostra quotidianità, tutto dipende dalle nostre scelte, dal modo con cui viviamo il nostro presente, aldilà di ciò che è stato, musicalmente e umanamente, il passato, con tutto il suo bagaglio di esperienze e sogni infranti, hard-rock e space-rock, rumore, armonia e quel sottile filo di passione, incurante di ogni quando ed ogni dove, che fa di “At Midnight You Cry” l’incipit incalzante, pervaso di sonorità garage e punk-metal, di un album compatto e vibrante.

La successiva “Universal Phase” apre alle sonorità più acide e pesanti, mentre “Radio 666” ed “Isolation” sovrappongono al background stoner, momenti più lenti e meditativi, aperture più melodiche e pulite, nelle quali è evidente la capacità dei Black Rainbows di plasmare elementi provenienti da mondi diversi, dal blues al metal, e farli propri. “The Great Design” e “Hypnotized By The Solenoid” pongono, invece, l’accento sulle sfumature più psichedeliche del loro sound, dando spazio anche ai sintetizzatori, oltre che alle chitarre, per dare agli ascoltatori il senso estraniante di un qualcosa – un incubo o un sogno, un giorno qualsiasi o una fantastica avventura – che sta terminando, mentre veniamo inevitabilmente risucchiati, ma, allo stesso tempo, ci sentiamo finalmente liberi nel lasciarci andare alla volontà di queste misteriose forze che pervadono l’intero universo. Le medesime forze che in “Master Rocket Power Blast” irrompono, invece, con maggiore intensità e violenza sulla scena, dando vita ad un pezzo potente, metallico e veloce. Nelle canzoni successive si ha un’alternanza di momenti più frenetici ed altri più diluiti, nei quali l’impeto stoner e la psichedelia blues dettano i tempi, costruiscono le traiettorie emotive su cui continuiamo il nostro epico viaggio, finché “Searching For Satellites”, con le sue atmosfere fantascientifiche e alienanti, a metà strada tra un’imperfetta utopia asimoviana e il leggendario prog-rock italiano degli anni Settanta, non ci consente di riprendere fiato e recuperare le energie, prima di affrontare la tappa decisiva, “Fire Breather”, quella della scelta finale, tra messaggi drammatici, paesaggi cinematografici in bassa fedeltà, mostri minacciosi e l’essenza più pura, più mistica e fiammeggiante del rock.      

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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