La marea nera ci ha travolto, ci ha mostrato quanto fossero effimere le nostre convinzioni, quanto fossero fragili le nostre certezze e soprattutto quanto sia semplice ritrovarsi bloccati. Tutto ciò si riversa nelle sonorità di “You And I”, nei passaggi più malinconici ed ossessivi, che in fondo rispecchiano i dubbi e le ansie che attanagliano la nostra società globale. “Black Tide” è avvolta nella foschia, irrompe con durezza nella nostra quotidianità, la rende torbida, vorticosa, precaria, dando forma e sostanza al sogno febbrile di “Locus”, mentre le atmosfere inquietanti dei sintetizzatori si fanno breccia, più o meno inconsapevolmente, nella nostra intimità.
La band americana riempie ogni vuoto delle nostre coscienze in disarmo, mescolando momenti più graffianti e carichi di tensione ad altri che, invece, sono più lenti, armoniosi e rassicuranti. Alla brezza serale di “Killing Spree” che scava in profondità nell’essenza dei nostri ricordi si contrappongono le ombre minacciose di “Leave Me Out”. La verità è che siamo nudi, esposti a forze misteriose che non riusciamo a comprendere a pieno e dinanzi alle quali siamo costretti a piegarci; l’unico modo di cui disponiamo per non spezzarci è non restare soli, fare leva sulla comunanza e vicinanza del nostro cammino umano, liberandoci da tutto ciò che è solamente apparenza, futilità, brama di potere, desiderio di sopraffazione, vanagloria, sfrenato individualismo.
Gli O’Brother guardano nei meandri più cupi delle nostre menti e dei nostri cuori, laddove si nasconde il male e tentano di esorcizzarlo mostrandocelo per quello che è: un contorto groviglio di menzogne e delusioni, di rabbia ed ipocrisia, di cui è giunto il momento di liberarci se vogliamo costruire un mondo migliore. Per raggiungere il loro scopo non esitano ad intrecciare sonorità diverse, dando vita ad atmosfere cinematiche in cui mescolano elettronica e post-rock, ambient e industrial rock, aggressività e dolcezza, momenti più eterei ed altri più corposi, esplorando e sperimentando dimensioni sconosciute nelle quali voce, synth, chitarre e sezione ritmica possono creare un’impetuosa tempesta o un pacifico tramonto, un baratro in cui lasciarsi cadere o un rifugio nel quale attendere che passi la notte. E tutto avviene con naturalezza, perché la musica riesce ad entrare in sintonia con quelle che sono le nostre emozioni, con quello che è il viaggio che stiamo compiendo.
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