Produttori. Broker. Compratori. Luoghi del mondo distanti tra loro, apparentemente indipendenti l’uno dall’altro, ma in realtà intimamente connessi, nel nome di un unico Male globale, il cui obiettivo è quello di acquisire sempre più potere, risorse ed influenza, senza alcun rispetto per la vita delle persone che non sono altro che pedine da sfruttare ed eventualmente sacrificare in qualsiasi momento.
In questo scenario nel quale tutti, soprattutto i capi, sono costretti a vivere nel timore di morire ammazzati, in cui ciascuno convive con i propri fantasmi passati e tutti debbono guardarsi perennemente le spalle, non ci sono vincitori, ma tutti perdono qualcosa: la libertà, la famiglia, la serenità, la vita. Ed intanto merci e capitali si spostano da un punto all’altro del pianeta: il Messico, l’Africa, la Calabria, con somma soddisfazione di quello stesso sistema neoliberista che cancella la storia economica e sociale di ogni paese e ci vuole tutti ugualmente assuefatti e piegati. Uno scenario apocalittico nel quale le sonorità cupe dei Mogwai penetrano in profondità, immergendosi nel veleno che sta distruggendo il mondo e rendendo le persone sempre più schive, apatiche, indifferenti alla malvagità.
Le ambientazioni post-rock della band scozzese si fanno sempre più torbide e virali, virando decisamente verso le stratificazioni complesse dell’industrial rock, mentre i synth tracciano le loro trame maligne, evocando un labirinto claustrofobico di stanze che si susseguono una dopo l’altra: il deserto maliano, i sobborghi urbani di una metropoli latino-americana, la pace apparente dell’oceano, un paesino arroccato sull’Aspromonte. I diversi orizzonti permettono ai Mogwai di evocare stili e suggestioni musicali diverse, di passare da orizzonti ambient intimi e sfumati, alla drammaticità e alla tensione del rock gotico e malinconico, senza perdere mai di vista il diabolico filo conduttore della storia, una storia nella quale le persone sono all’ultimo posto della piramide alla cui sommità c’è la roba, la merce, i simboli effimeri di un benessere che, invece, è solamente una maledizione.
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