Le trame sonore delle Coma Berenices, dal vivo, sono ancora più calde ed accoglienti, capaci di individuare e rinunciare a tutto ciò che è inutile, ridondante, eccessivo e superfluo; senza, però, perdere nulla in vigore espressivo. Chi ascolta non è più solo, i suoi pensieri più puri e veritieri – solitamente ammutoliti e sovrastati dai ritmi frenetici, omologanti e stressanti imposti alle nostre esistenze – riprendono via, via fiato, si mescolano alle morbide e riflessive sonorità dream-pop e shoegaze della band campana, diventando un tutt’uno con le intimistiche divagazioni post-rock, consentendo a ciò che è sentimento primordiale e genuino di prendere, finalmente, il sopravvento sulle statiche e complesse sovrastrutture che definiscono il nostro rapporto con gli altri, il nostro ruolo nella società, il nostro spirito critico. “Archetype”, il secondo album delle Coma Berenices, conferma, anche nella sua riproposizione live, di essere un viaggio alla scoperta di sè stessi, in cui riecheggiano i suoni dell’universo (“Archè”), l’eco delle nostre meditazioni (“A L’Improviste”), i minacciosi ingranaggi che stritolano la nostra fragile umanità (“Silent Days”).
Archetipo della band napoletana – che si presenta in una formazione triplice composta da chitarra elettrica/acustica, basso/synth e batteria – è, allo stesso tempo, la fondamentale ricerca della semplicità essenziale delle idee e delle percezioni originarie e il desiderio di evadere ed affrancarsi da quei meccanismi artificiosi ed invadenti che tendono ad annullare e azzerare la nostra peculiare soggettività. Tutto ciò è amare, è appassionarsi, è liberarsi, oltrepassando gli schemi predefiniti; tutto ciò si adatta, con naturalezza, ai brani proposti dalle Coma Berenices, alla loro lieve sensualità ed alla loro fatale timidezza, che si trasformano nelle colonne portanti della loro esibizione. Un’esibizione intima che riesce a dare il meglio di sè in una location come quella offerta dal Ludovico Van di Montemiletto: una terrazza semplice ed essenziale che si affaccia su secoli di storia passata, nonché sulla prorompente bellezza e forza della natura circostante e che diventa un unico palcoscenico con la notte, un’unica narrazione strumentale sospesa tra sogno e realtà, svincolata dallo scorrere del tempo, nella quale i passaggi cosmici, cinematici e meditativi delle Coma Berenices diventano il trait d’union tra il dentro ed il fuori, tra sostanza ed apparenza, tra spirito e materia, tra Io e collettività.
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