Avevamo lasciato i Raibow Bridge con “Lama”, un disco nel quale la band pugliese costruiva, con fede, dedizione e passione, il ponte ideale tra il proprio passato, ricco d’amore per le viscerali sonorità hard-blues hendrixiane, ed un futuro nel quale poter compiere, finalmente, il salto definitivo ed esprimere tutta la propria creatività, in quell’intreccio vibrante e catartico di blues-rock, psichedelia e stoner rock, che i ragazzi hanno assunto come propria triplice stella polare.
Un brano, più di tutti, esprimeva il bisogno di fare i conti col passato e dare un senso a quell’urgenza che sentiamo, tutti noi, spesso, agitarsi nei meandi più profondi delle nostre anime inquiete: “Day After Day”. Ma i Rainbow Bridge, all’epoca, non potevano certamente immaginare che di lì a poco, la corrente del fiume si sarebbe fermata, che il flusso dei giorni si sarebbe, improvvisamente, arrestato, dando consistenza alle nostre peggiori paure e gettandoci, nonostante la rete globale, il progresso scientifico e tutte le nostre diavolerie, in un mondo di solitudine e silenzio, nel quale dover assistere, impotenti, al crollo di tutte le nostre certezze e le nostre effimere vanità.
Quindi, quando quello che consideravamo il nostro mondo perfetto è crollato come un semplice castello di sabbia, ciascuno si è aggrappato con le unghie a ciò che gli stava più a cuore; i Rainbow Bridge hanno fatto esattamente questo: hanno risposto a quei paesaggi e quelle atmosfere statiche, gelide e dolenti, con un fuoco fatto d’umanità, rumore, calore, chitarre urlanti, ritmiche massicce, elettricità, voglia di sognare, blues, riverberi, con tutto ciò che fosse espressione della nostra anima e ci permettesse di sentirci vivi e soprattutto ancora in grado di creare qualcosa assieme, mettendo a fattor comune le proprie capacità creative e le proprie esperienze, comprese quelle più dolorose ed alienanti. “Unlock” è più vicino, quindi, ad una vera e propria jam session strumentale, che a un disco strutturato ed organizzato; questi cinque brani sono, per lo più, figli dell’urgenza, della volontà comune di vincere la diffidenza ed essere più forti di qualsiasi avversità ed oggi che il mondo sta nuovamente piombando nel medesimo incubo, essi diventano sia un monito a non pensare di avercela fatta, che un’esortazione sonora a dare il meglio di sé, ciascuno per la propria parte, in un incastro spontaneo, accattivante, rumoroso ed emotivamente appagante di basso, chitarra e batteria.
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