venerdì, Novembre 22, 2024
Il Parco Paranoico

Fields Of Fire, Ovtrenoir

Mik Brigante Sanseverino Ottobre 25, 2020 Dischi Nessun commento su Fields Of Fire, Ovtrenoir

Il mondo che avevamo costruito sta cadendo letteralmente a pezzi: le sonorità apocalittiche e viscerali di “Phantom Pain” e le immagini dolenti dipinte da “Wires” con i suoi orizzonti oscuri, la sua cruda intensità e l’incapacità ad utilizzare al meglio il nostro tempo – il quale assume le sembianze di un vento gelido e tagliente che porta via con sé tutti i nostri ricordi, i nostri pensieri, i nostri sogni, la nostra stessa umanità – si fanno largo dentro di noi, ci immobilizzano, strappano via quella assurda benda che avevamo davanti gli occhi e ci costringono a guardare la realtà per ciò che è: i cambiamenti climatici ed un virus invisibile stanno riducendo in frantumi ogni nostra certezza, ma noi continuiamo a sostenere e difendere un modello sociale, tecnologico ed economico, ecologicamente insostenibile, basato sulla diseguaglianza, sulla disparità e sullo sfruttamento.

La band parigina ci esorta a prenderne atto, le pesanti sonorità post-metal, hardcore e sludge rock sono un duro colpo nello stomaco, ti spezzano il fiato, ti bloccano il respiro, ma non sono assolutamente niente rispetto a questa spirale distruttiva che sta risucchiando il nostro pianeta. Una spirale a cui gli Ovtrenoir danno la forma delle loro grida disperate, dei loro riff furiosi, delle loro ritmiche energiche, capaci di scavare in profondità nella carne e nelle ossa, capaci di toccarci il cuore e farci sentire il calore bruciante del metallo e la stretta violenta di quei fantasmi che si nutrono di egoismo, di rabbia, di odio e di paura e che crescono tra i meccanismi e gli ingranaggi del sistema neo-liberista che influenza e controlla, ormai, la vita di miliardi di persone, nonché la politica delle singole nazioni.

L’angoscia prende corpo nelle ambientazioni riflessive, oniriche e psichedeliche di “Kept Afloat”, per poi esplodere, impetuosa e massiccia, nel rumore, nelle distorsioni e nei bassi pressanti di “Those Scars Are Landmark”. Un intreccio di potenza, riverberi e passione che tenta di trasmetterci la forza ed il coraggio necessari a non affondare tra le macerie e gli scarti del progresso, ma continuare a lottare per difendere e diffondere la verità, più forti dei nostri fallimenti passati e di tutte le nostre cicatrici e le ferite ancora aperte. Ed ecco, allora, che la strada prende forma,  “I Made My Heart A Field Of Fire” assume le sembianze di una preghiera laica al fuoco, a quei sentimenti e quelle convinzioni positive che continuano a ardere sotto la cenere, a quella fede nella luce che ci consente di ritrovare ogni sogno, ogni ricordo, ogni speranza che il vento glaciale della sofferenza ci aveva portato via. Il cerchio si sta chiudendo, il sonno è alle porte, le atmosfere diventano via, via più rarefatte e pulite, il nostro viaggio si sta concludendo, ma prima di affidarci al suo tocco leggero siamo certi di aver acquisito una consapevolezza maggiore, siamo sicuri che il fuoco continuerà a vivere.

Like this Article? Share it!

About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

Comments are closed.