Eccoci qua. Esattamente come a Marzo.
Città che chiudono, casse ed amplificatori che si spengono, platee che diventano vuote e silenziose, così come le sale dei cinema, dei ristoranti, dei pub o delle palestre. Con la terribile differenza che nessuno sa davvero quando finirà, nessuno più si fida dei politici, delle loro rassicurazioni, delle loro promesse, dei loro discorsi sui sacrifici necessari e sulle scelte obbligate.
Intanto il sistema mediatico si concentra sulle proteste: Napoli, Torino, Roma, Milano, l’Italia, l’Europa, il mondo. Si cercano, come di sovente avviene, gli ovvi e spregevoli responsabili, quelli che è più facile colpevolizzare e criticare: i camorristi, gli ultrà, i bulli di periferia, i fascisti, gli antagonisti, quelli che vogliono solo la libertà di spacciare, quelli che ne approfittano per distruggere vetrine e saccheggiare.
Comportamenti da condannare, vero. Ma c’è anche dell’altro: un tessuto sociale che si sta disgregando, un governo centrale e una serie di governi regionali che arrancano ed, intanto, c’è chi fa affari, chi si arricchisce, protetto – spesso – dalle medesime istituzioni che impediscono ad altri di lavorare, di vivere in maniera dignitosa, di sentirsi soddisfatti ed appagati, di coltivare i propri sogni e perseguire i propri obiettivi.
Se ci fosse stata una strategia chiara e lungimirante, se ci fosse stata una vera programmazione politica, se non si avvertisse la sensazione di brancolare nel buio, intrappolati in una sequenza abnorme di decreti nazionali ed ordinanze regionali, le quali inseguono l’emergenza, piuttosto che tentare di prevederla, molto probabilmente, non saremmo arrivati a questo. Ma ora, visto che i soldi – da qualche parte ci sono e sono anche parecchi – visto che, non da oggi, le ricchezze di questo pianeta vengono suddivise in un modo iniquo, disumano e profondamente ingiusto – è il momento che la politica faccia, per una volta, l’interesse dei più poveri, dei più deboli, dei più indifesi, dei più precari e vada a chiedere il conto a coloro – la minoranza – che hanno sempre preso tantissimo e restituito pochissimo, nascondendosi dietro i segreti bancari, i paradisi fiscali, le leggi ad personam, la mano lunga delle multi-nazionali, gli ingranaggi globali del sistema neo-liberista, gli artifizi finanziari. Il momento di un reddito universale è giunto. Altrimenti non ci resterà che fissare, inermi, quelli che non ce la faranno e lo spazio che lasceranno, inevitabilmente, vuoto e silenzioso.
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