Gli Holy Motors, band estone di Tallinn, hanno una evidente predisposizione per i paesaggi più malinconici e solitari, per quei momenti nei quali possiamo estraniarci dal caos quotidiano ed ascoltare il rumore dei nostri stessi pensieri, mentre la voce suadente e melodica di Eliann Tulve si mescola alle chitarre dilatate e cinematografiche, al sapore del deserto, all’immensità delle praterie e degli altipiani, alla dura roccia delle montagne, all’America più lontana, pura e selvaggia, a quelle sonorità di matrice country e blues-rock che colpiscono, soprattutto, per la loro incantevole e scarna essenzialità, oltre che per il loro intenso potere evocativo, un potere capace di suscitare, nella nostra mente, immagini, figure, strade, luoghi, miti e panorami fantastici.
Questi otto brani scorrono, intanto, lenti e decisi, prendendosi tutto il tempo di cui hanno ed abbiamo bisogno; un rallentamento naturale che tutti noi – perennemente occupati a correre dietro ai nostri affanni ed alle nostre vite congestionate di impegni, di riunioni, di accordi necessari e compromessi inevitabili – avevamo dimenticato che sapore avesse.
Un tamburo isolato risuona oltre la frontiera, il vento spinge chissà dove i riverberi che riscaldano le nostre notti all’agghiaccio, mentre le chitarre penetrano, come coltelli affilati, nel buio e fanno sì che le trame più classiche e tradizionali si intreccino con le minimali divagazioni shoegaze e dream-pop della band estone, creando un suono più moderno ed interessante, capace di accordarsi i lati più nascosti, fragili ed irrazionali delle nostre coscienze e donando al disco, nel suo complesso, una consistenza più oscura e meditativa, pervasa da echi e passaggi psych-rock. Una dimensione, questa, molto più spirituale e raccolta, nella quale i nostri sogni si trovano dinanzi ad uno specchio senza tempo, quello dell’anima, mentre, nel frattempo, fissiamo una storia d’amore, un nome che avevamo dimenticato, una cocente delusione, una strada che attraversa mondi sconosciuti. Realtà e fantasia si intersecano continuamente, i sentimenti diventano racconti, le esperienze vissute diventano emozioni e poi ricordi e poi ancora una volta sentimenti che danno inizio ad altre storie che qualcuno, prima o poi, ci saprà narrare, magari davanti al bancone d’un saloon o del bar della nostra città, magari rannicchiati vicino ad un falò o seduti, in poltrona, a fissare la puntina del giradischi muoversi da una traccia all’altra dell’lp.
Comments are closed.